MAESTRI DELLA VOCE

Amo chi canta.

Con la chitarra
con una penna biro
col pennello
col mestolo, perfino col cesello
o con la falce che sagoma un bel prato,
IO AMO
chi canta disperato.

Amo dal mio profondo
chi più ne passa
e più ne canta al mondo.

Chi canta anche da zitto,
col bavaglio sulla bocca
e affronta il suo dolore
finché non lo sblocca

Io amo chi
tacendo canta forte.

Amo chi balla e canta
per vincer con l’Amore
la Morte.

canzone


PFM – Maestro della voce

LA SIGNORA

C’era una volta una signora.

Da bambina passavo spesso
sotto al suo balcone.

Lei mi sorrideva
mentre curava i fiori
e spesso da lassù
mi bisbigliava:

“Pssss…. Ehi, ehi… bambina!
Lo sai? La natura è gagliarda!
ricordati, chi mostra gode,
crepa chi guarda!”

E faceva piovere petali dal cielo.

Io alzavo gli occhi divertita
e allegramente battevo le mie mani.

Ah, perché non l’ho capita?
Credevo che parlasse dei gerani…

sorriso2


The racounters – Old enough

BRUCIA L’INCENSO

Brucia l’incenso
nel braciere brucia
e con lui brucia
il male che hai passato.

Con lui brucia
il freddo che c’è stato.

Lui brucia
e nella piccola sua brace
accesa sulla punta
c’è una lucina rossa,
ed un calore antico.

Nel filo di quel fumo che si leva
non ci sono stupide parole.

Ti basta
quel filo di fumo.
Ti basta
il suo profumo.

Tu lo respiri e taci.

E’ la profondità di mille baci.
 

incenso
 

Cohen – A thousand kisses deep

IL GIORNO DEI BRANDELLI

Decisi un giorno
– il giorno dei brandelli –
di non fare più domande
mai.

Dal giorno dei brandelli
presi
ciò che essere poteva.

Seppi
che la parola scritta ha altro valore
e detta muore.

Perciò non feci più domande
di poca utilità.

Ennel vivere senza domandare

l’unica possibile
verità.

cafe_vida

Valerie June – You can’t be told

STONANO I MIEI OCCHI SUL MIO VISO

Stonano
i miei occhi sul mio viso.

Ed io conosco questa mia
disarmonia.

Perciò ho sempre preferito
guardare in basso nella via…

Secoli fa mi avrebbero bruciata su una pira

e forse pure oggi accade, in altro modo.

Perciò non mostro gli occhi
abbasso viso
dimesso ed algido come l’inverno.

Solo a chi non fa roghi ho consentito
di guardare nel fuoco dell’inferno.

Io_senza

 CSNY – Right between the eyes

TEMIBILI GLI UOMINI

Temibili
gli uomini di vigore.

Ti sbattono in faccia te stesso
per un gesto di troppo
una virgola, un segno meno.

Imperdonabile il loro essere totali.

Vogliono tutto
o niente se non hai niente.

Imperdonabile la loro franchezza

per i pinocchi di legno
che pavidi scappano.

Ma se sei un giocatore
e ti fermi il tempo che ci vuole

vinci il sole.

fear


The cure – The picture of you

NOMEN OMEN

Il mio nome vero
era Lucilla.

Per uno strano caso poi all’anagrafe
decisero quest’altro, un poco simile.

Ma tu che sai sentire questa musica
saprai qual è il mio nome bello e semplice.

Mi guarderai negli occhi quando ridono

e subito vedrai che è lì che brilla
il mio vero nome è

lucille

B.B. King – Blind love

DETTO TRA NOI

Detto tra noi
– mi dici –
è facile per te.

Eh, che ci vuole
sei sola, indipendente…

Detto tra noi
– ti dico –
io questa libertà l’ho ben pagata.

Tu non hai proprio i soldi
per pagare quello che è costata.

fiammetta


The strypes – You can’t Judge a book by the cover

QUELLO CHE NON C’E’

Tu passi ma non vedi.
Eppure è lì, sotto ai tuoi piedi.

Bisogna avere gli occhi dei bambini
guardare senza chiedersi cos’è
per vedere – come loro –
quello che non c’è.

Dentro una pozza d’acqua e foglie morte
proprio sotto ai tuoi piedi
ci sono mille e mille cose
che tu però non vedi.

Roba da idioti.
Roba da poeti.

 

pozzanghera_cuore

 
 


Lynyrd Skynyrd – Simple man

LA PAROLA CHE NON HO DETTO

Le parole
le ho usate sempre tutte
nel loro seme vero.

Una sola
– quella che m’è contraria –
non l’ho mai detta,
piazzando lì al suo posto
innocui e stemperati “Anch’io”.

Però la vita ride
e io rido con lei.

Anche stavolta io quella parola
non l’ho pronunciata.

Però a un certo momento
l’ho pensata.

Non me ne pento.
Da capo rifarei tutta la strada.

 

pioggia
 
 
 
 

The pogues – Love you untill the end

LA PUGLIETTA


Questa è la cosa più bella che ho scritto per la mia città.
Era il 12 febbraio 2014, dal Progetto CASE di Sant’Elia.

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“La Puglietta” è quella parte della Piazza dove al mattino batte il sole.
A una cert’ora, infatti, Piazza Duomo si fa di due colori: scura la metà che sta dal lato della Villa, chiara e assolata quella che dà sul lato opposto. Ecco, quella lì, proprio quella a solatìo, è la Puglietta. E’ quella parte calda della piazza dove batte il sole, che i nostri vecchi chiamavano “Puglietta” ironizzando sul comune passato pastorale. Quanto in quel nome ci sia la nostra storia transumante, è facile capirlo.

Un bel calduccio c’era, alla Puglietta, come il caldo che sentivano i pastori che portavano d’inverno le greggi al Tavoliere. Gli anziani, proprio come i pastori che dall’Abruzzo scendevano alla Puglia, migravano da un lato all’altro della piazza. Appena il sole usciva a stagliarsi su quei muri, i vecchi lentamente andavano a disporsi lì davanti, usciti non sapevi mai da dove.
Mentre la piazza, al centro, era il regno delle donne e del mercato, la Puglietta era il regno dei maschi, l’androceo dei vecchi, un piccolo senato. E mentre le femmine si davano da fare a commerciare, a contrattare, a sistemare le povere granaglie al centro della piazza, i vecchi, belli e incappottati, quando il sole usciva, spuntavano anche loro, e andavano a stagliarsi contro il muro. Il muro piano piano iniziava a riscaldarsi, e faceva la funzione di un bel termosifone. Così gli anziani gli stavano da presso, faccia alla piazza, e schiena sui palazzi, spalla contro spalla, in lunga fila: sembravano piccioni lungo una grondaia. Ciarlavano, guardavano i passanti, commentavano, cercavano notizie l’un dell’altro. Alla Puglietta i vecchi maschi, a modo loro, spettegolavano del più e del meno.
Secondo un uso medievale e antico, per nominare qualcuno, non usavano il nome, né il cognome. Usavano il paese dei natali, il luogo dell’origine dei padri. Per esempio, invece di “Giovanni”, dicevano “quiju de Marana”. Oppure, invece di dire “Antonio”, dicevano “quiju de Bagno”. Era la frazione a dare identità a quel Giovanni, a quell’Antonio, nomi comuni di persona, che solo dalla terra traevano la giusta identità. E così i campanili, in un modo o nell’altro, se li portavano dovunque, i vecchi, e cercavano per loro il giusto posto, anche sulla piazza, alla Puglietta.

Quando non parlavano de “quiju de Campotosto” o de “quiju de Paganica”, tacevano, i vecchi. Potevano star lì con le spalle incappottate al muro anche tutta la mattina, senza dire niente, contenti dell’appoggio. Poi si faceva ora di pranzo, e piano piano, la migrazione seguiva il flusso opposto, se ne tornavano al loro chissà-dove.
I più colti parlavano di affari, di politica, di sport, di personaggi in vista. Chi era del contado, invece, si accontentava di guardare e commentare quello che capitava intorno. E le dinamiche dei vecchi alla Puglietta erano quelle dei bar, dei circoletti di ricreazione. Ma invece che stare dietro a quattro tavolini, avevano davanti il cuore vivo di tutta la Città.
Rari erano gli anziani che uscivano di sera. Troppo freddo. I più, invece, amavano vedersi di mattina, alla Puglietta. E lì si ricontavano le pecore. Quelle che c’erano, e quelle che già erano partite. I vivi e i morti. E la giornata non era passata, se al mattino non eri stato alla Puglietta.

Ora gli anziani, quelli stessi, non hanno più una Puglia che li scalda. Sparpagliati come sono, hanno pagato il prezzo più pesante della disgregazione. In tanti sono morti sulla costa, in tanti nelle case di riposo, in tanti li vedi, appena il sole esce, migrare dalle CASE ed iniziare a fare il giro, intorno intorno. Ma non ci sono muri che si scaldano, come alla Puglietta, nel Progetto CASE. Il cortile è il regno dei bambini, e i vecchi stanno sempre dietro ai vetri, alla finestra, quasi si scusano di essere presenti, di dare tanta pena, così tanto disturbo. I più in gamba li vedi uscire a mezzogiorno: giornale, spesetta, ritorno. I lottatori non si sono mai arresi, hanno tenuto insieme le famiglie fino all’ultimo respiro. Altri trascinano quei piedi stanchi e vecchi sopra al marciapiedi, fanno un giretto, s’imbucano di nuovo dentro casa.

Mario cammina con fatica. E’ come spento, da quando Maria, due mesi fa, se n’è volata in cielo. I vasi di Maria, dopo due mesi, si sono già seccati, nessuno ha più la forza di curarli.
Una sera mi suonano alla porta. Era Mario, non lo vedevo da prima che Maria se ne volasse via. Mi dice: “Addò abbita Giorgio?”. Io, dopo un breve convenevole di affrante condoglianze, gli chiedo “Giorgio chi?” E lui: “Quiju de Rojo!”. Dice proprio così, “quiju de Roio!” e mi guarda, convinto che io capisca, convinto che io sappia. Convinto che Giorgio io non lo conosca dal cognome, ma dal fatto che è di Roio, la terra, unica certezza per trovarlo ancora.

Allora io sorrido, e poi lo abbraccio forte.
Per un poco, ripenso alla Puglietta.
A come, senza piazza, si torna ai campanili.
A come le giornate vanno in fretta.

puglietta2

QUANDO RINASCO

Quando rinasco, Dio
dammi altri piedi.

Ed altre corde voglio, Dio
ed altri suoni.

Altri strumenti
ed altra voce che non sappia lo spartito,
profonda così tanto
da farsi blues parlando.

Altri colori voglio, Dio
altri colori che non siano il mio.

Un’altra pelle, dammela Dio,
dammela di un altro colore,
per favore.

E voglio altri vestiti
che volino nel vento della sabbia,
ed altre scarpe con le cinghie scure,
che lascino le piante nude e dure.

In quella vita, Dio
fammi danzare
come soltanto tu e lui
sapete che so fare.

danza_afro

Sona Jobarteh – Musow

IL REDUCE

Ma dico io!

Di tante cose che si sono rotte
tu,
tu proprio
mi dovevi rimanere?

Tu, l’unica cosa al mondo
che speravo di non rivedere?

Tu, insolente,
tu TI SEI SALVATO!
Perfino al terremoto hai resistito
e in mezzo a quel macello resti intatto
sorridi, come se nulla fosse stato.

Con quel tuo aspetto strano
mi sembri appena uscito
da un libro di Gozzano.

Orribile regalo alle mie nozze
resti come un dispetto
mi provochi conati di rigetto.

Quando ti guardo mi riporti indietro
occhieggiando da quella cupola di vetro.

Persecutorio, orribile,
sfacciato!
comunque anche per te
quel giorno il tempo s’è fermato.

Vieni con me.
Andiamo al mercatino dell’usato…


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the big bopper – the clock

SO CHE SARAI

Mmmmhh…

… So che sarai tu.

Lo so.

Il silenzio ora
è così perfetto.
C’è solo questo blues che danza
dentro al petto.

Niente parole strane
a confondermi, a farmi dubitare,
c’è solo questo blues,
ed il silenzio da ascoltare.

E’ così perfetto il silenzio
e io lo so capire.

Io so che sarai tu,
non quel fantoccio che vive di nascosto,
adesso a entrare.

So che sarai tu
a varcare adesso quella porta.

Del resto che c’hai sui documenti…
… ma sai che me ne importa.

silenzio


John Lee Hooker – I’m so excited

NOMINA NUDA TENEMUS

Una rinuncia è una rinuncia.

Non cambia mai il suo nome
per averne uno più bello
– ma falso come Giuda.

Invece tu le dai un altro nome:
ritorno,
o fuga,
o nòstos,
o approdo al porto
dopo una tempesta,
o essere di nuovo in salvo con la testa.

Togliendole il suo nome
la rendi vana, inutile miseria.

E invece ha il suo valore, una rinuncia.

Non sminuirla,
non fare vano un grande sacrificio.

Se tu la chiami fuga, nòstos, salvezza,
è perché in quel viaggio vedi solo
pericoli scampati,
una sciocchezza.

E invece sempre chi viaggia in mare
ama quel vento, e l’aria
e l’acqua sulla faccia.

Non ha le vele ammainate,
non conosce l’orribile bonaccia.

Una rinuncia tiene in sé
la dignità di una parola antica:
si rinuncia per senso del dovere
e con fatica.

E’ quello che tu chiami
essere buoni.
E questo mare tormentato e alterno
invece
tu lo chiami inferno.

Ma aver viaggiato
ed essere tornata
non è come non esser mai partita.

Vale l’inferno
il coraggio di vivere la Vita.

barcatempesta

Stone the crow – Blind man

UNA VOCE SOLA

Al silenzio della stanza.
E ai gomitoli delle strade.
All’acqua che cade.
E agli aghi dei pini
irti di freddo.
Ai comignoli fumanti di grigio.
E ai nidi dei rami.

E’ una voce sola.

Dice quello che le parole non sanno
dire, ma muta si fa sentire.

E solo quella io so capire.

scarpe rosse


Alan Sorrenti – Vorrei incontrarti