La pagina del critico

Inaspettatamente, il famoso critico letterario Marco Massaro ha rivolto la sua attenzione a questo Blog. Mi decido a pubblicare oggi il suo scritto, ringraziando per la nota di allegria che ora arricchisce le mie pagine.

RICORDO DI NON RICORDARE –  breve dissertazione critica del Prof. Marco Massaro sull’opera poetica di Luisa Nardecchia

“Per analizzare un’opera poetica bisogna capirci di poesia o non capirci niente; bisogna conoscere a fondo l’autrice o non conoscerla affatto.
Soddisfacendo tutti e quattro i requisiti, posso avventurarmi nell’impresa ardua che mi sono prefissato.
La vita di Luisa Nardecchia, poetessa aquilana, è avvolta nel mistero. Poco o nulla si sa della sua adolescenza, come della sua vita precedente.
I critici sono concordi nel dividere la sua produzione in due periodi ben distinti: l’epoca della Paleoscrittura, alla quale appartengono i testi non firmati, e quella della Neoscittura, di cui disponiamo una notevole quantità di scritti.
La prima difficoltà nasce dalla natura non sistematica della sua produzione. Sembra infatti che le poesie siano state pubblicate con il criterio definito dal De Sanctis “allacazzodicane” e documentato nel video MY BLUES DOG.
Da un’intervista non autorizzata al prestigioso New York Review of Books la Nardecchia stessa confessa: “Alcune sono molto vecchie, altre recenti…”, il che conferma l’impossibilità di seguire il criterio cronologico normalmente adottato in letteratura.
Non è da trascurare, inoltre, l’impossibilità per il critico d’aver per le mani un vero libro cartaceo, da sfogliare e annotare: la scelta di affidare i propri versi al web li rende sì fruibili da tutti, ma leggeri ed evanescenti, nel senso che alcune poesie oggi ci sono e dopo mezz’ora spariscono, a seconda di come gira la capoccia all’autrice.
La sua generosità, tuttavia, arriva a donare le sue creazioni a chiunque ne abbia bisogno, pur avendo ricevuto e rifiutato sdegnosamente lauti compensi per la pubblicazione dalle più importanti case editrici italiche ed europee. Perfino dalla nipponica Shicho-sha.
Scrive nella sua dichiarazione di intenti: “Di ciò che pubblico e scrivo fate ciò che volete. Non ho copyright e non credo di averne bisogno. Questo blog non è che un diario di viaggio, il viaggio della mia ricostruzione. Se siete neoartisti facoltosi a caccia di idee, e pensate che qui ve ne siano di utili per il vostro lavoro, saccheggiate pure. Tanto, più me ne rubano, più me ne vengono. Le idee su Internet sono patrimonio di tutti”.

Passando alla lettura dei testi poetici il critico si trova in difficoltà, non tanto per quanto riguarda la metrica, la struttura, l’analisi stilistico-letteraria, bensì per quella contenutistica.
Perché mai ficcare il becco nelle emozioni, nei sentimenti, nei sospiri, nel desideri dell’autrice? Una poesia non può essere sottoposta ad autopsia, ognuno la legga e la interpreti come la sente, traendone linfa vitale.
Inoltre il critico ha sempre timore di sbagliare interpretazione, essendo avvisato delle possibili conseguenze indirettamente contenute nella citazione nardecchiana del 18 gennaio 2011: “Ella era d’animo sì docile e mansueto che chiunque avea in animo di trarla a sé, credea esso possibile con poco d’ingegno e d’astuzia: e così quand’ella, tirata per il colletto d’un canto, si ritraeva dall’altro, stizza e furore ne venia a chi, in luogo di domestico animale, trovavasi innante un salvatico felino”. Indiscussa la perizia dell’autrice nel simulare il frammento autografo come proveniente direttamente dal diario privato di Gaspara Stampa. Ma all’occhio attento del critico non sfugge essere farina del suo sacco.
Toccherà a studiosi seri, non ad ammiratori incondizionati, indagare con acutezza critica i percorsi stilistici della Nardecchia, comparando liriche (lo sguardo in sé) e prose (sguardo fuori di sé), tenendo in debito conto le molecole musicali che non possono esser considerate una semplice protesi del testo.
E infatti la stessa definizione di poesia rischia di essere riduttiva: sono haiku? sono blues? o sono sedie?

“Non scrivo poesie
io faccio sedie
Venite qui a provarle
coraggio su
sedete”

(da: “Come Ascanio”, Ibidem, 10 ottobre 2013)

Ma, come io stesso ebbi a scrivere in un’altra occasione: “Per qualcuna, però, ci vuole il cuscino sennò le schegge si infilano nel cu*o”.


il critico