Una rinuncia è una rinuncia.
Non cambia mai il suo nome
per averne uno più bello
– ma falso come Giuda.
Invece tu le dai un altro nome:
ritorno,
o fuga,
o nòstos,
o approdo al porto
dopo una tempesta,
o essere di nuovo in salvo con la testa.
Togliendole il suo nome
la rendi vana, inutile miseria.
E invece ha il suo valore, una rinuncia.
Non sminuirla,
non fare vano un grande sacrificio.
Se tu la chiami fuga, nòstos, salvezza,
è perché in quel viaggio vedi solo
pericoli scampati,
una sciocchezza.
E invece sempre chi viaggia in mare
ama quel vento, e l’aria
e l’acqua sulla faccia.
Non ha le vele ammainate,
non conosce l’orribile bonaccia.
Una rinuncia tiene in sé
la dignità di una parola antica:
si rinuncia per senso del dovere
e con fatica.
E’ quello che tu chiami
essere buoni.
E questo mare tormentato e alterno
invece
tu lo chiami inferno.
Ma aver viaggiato
ed essere tornata
non è come non esser mai partita.
Vale l’inferno
il coraggio di vivere la Vita.
Stone the crow – Blind man