CERTI GIORNI HAI LE TUE RIVINCITE

Certi giorni hai le tue rivincite.
Giorni in cui ti si conferma che non eri pazza, che avevi ragione tu, che le tue battaglie erano quelle giuste.
In quei giorni la vita ti dà la soddisfazione che ormai non aspettavi più, e proprio quando non te l’aspettavi lei ti dice che era così, era come dicevi, era proprio come pensavi quando eri tu a gestire le cose, ed era giusto fare come hai fatto, non cedere, giusto dire quello che hai detto, “o così o me ne vado”, e andartene, sbattendo la porta, con la furia e la passione che ti caratterizzano, per scelta.
Certi giorni sei fiera dei tuoi non-signorsì, fiera di esserti esposta al giudizio dei falsi che hanno detto che hai mollato, che hai sbroccato, che sei uscita di testa, e lo hanno detto fino al punto da fartici credere, al punto di renderti uno straccio, una rinunciataria, una debole. Tutti Yes-men, Yes-women, tutti contro li hai avuti, isolata, emarginata.

Poi accade che certi giorni, come oggi, il vento cambia.

Magra consolazione, essere una Cassandra.
Peccato, adesso, non avere più la forza per dare ancora.
Peccato che adesso non mi importa più, perché me ne sono andata via.
Peccato per loro, i ragazzi.
Non avevo solo i miei, ne avevo mille, li avevo tutti.

Ma ormai sono lontanissima.
Ormai, sono Altrove.
Il campanello, per me, non suona più.




School Roger Hodgson, co-founder of Supertramp, singer songwriter


LA FINE DELLE STORIE

Quando scrivi una storia, o quando la racconti, la cosa più difficile è sempre la fine.

Di qualsiasi storia si tratti, vera o immaginata, verisimile o fantascientifica, raccontare la fine è difficile perché nessuna storia finisce veramente. Solo la morte può far finire una storia in modo matematico: il personaggio muore, la storia finisce. Ma se NON muore è lì il problema. Se il personaggio non muore, la storia continua. Per uno scrittore una storia non può finire mettendo un punto. Chi scrive sa che quel punto vale sulla pagina, può valere per chi legge e vuole essere rassicurato, ma nella vita le cose vanno diversamente. Un punto è un pugnale, o un acceleratore, è un inizio, o l’inizio di una fine che avrà il suo tempo per finire. Una storia o una vicenda o un’avventura non si concludono mai come avviene nei libri. Chi scrive inventa, e inventare la fine è ingannare chi legge.
Per tanti anni non ho più scritto per paura di scrivere i finali. Poi un giorno ho ricominciato, ma i finali erano sempre sbagliati. Perché la vita ha questo: non riesci a immaginare o a prevedere, lei va sempre oltre, oltre, oltre il narrabile e verso l’ineffabile. E tu non puoi che inventare nella lucida consapevolezza che poi le cose andranno diversamente.
Li ho riscritti, a volte, i finali delle mie storie. Rivisti, rimaneggiati, limati, allineati al vero. Non posso tollerare di raccontare favole, invece che storie. Ma ogni volta quel finale mi lascia con un ronzio nella testa. Il finale non va mai bene, perché non esiste, un finale. Niente e nessuno ti lasciano con un punto e a capo. Resta un capitolo, e non puoi strappare le pagine. E la storia che scrivi dopo, se hai un cervello evoluto, avrà sempre “in sé” quel capitolo.

Bisogna scriverle, le storie, se si ha a cuore il Vero, con l’unico finale possibile e credibile, l’unico finale che esista davvero.
Allora sì, che sono credibili.





Period Drama – The End of the Story


L’AQUILA TOUR IN BLUES

L’Aquila, 1 settembre, domenica mattina, ore 9,00.
Faccio un giro in macchina, da Piazza D’Armi fino alle macerie di casa mia, ancora rasa al suolo. La vedrete come un piccolo sito spianato, in mezzo a palazzi già in ricostruzione.
In realtà volevo soltanto andare a scattare un po’ di foto lì in zona, poi per strada mi è saltato in mente di accendere la cam così, per gioco, e di appoggiarla al portaocchiali che avevo appeso al collo. La strada che vedrete percorrere è Via XX Settembre, e ci sono tutti i colori del sisma: i palazzi crollati, i nastri di transennamento, i puntellamenti. E fin qui niente di nuovo, la solita pappa.
Ma quando a casa ho rivisto il filmato, mi sono accorta che la musica che stavo ascoltando in macchina riusciva a sincronizzarsi perfettamente, in modo del tutto casuale, con le situazioni del tour. Per esempio, quando all’improvviso mi compare davanti un trabiccolo tipo “Ape”, carico di roba da traslocare, forse uno svuotacantine, la musica cambia, si adegua alla scena. E quando arrivo a casa…. beh.. quando arrivo a casa… che coincidenza impressionante! se mi fossi proposta di farlo, di sicuro non ci sarei riuscita. E’ che il blues ci sente…. e ci accontenta sempre.
Che ho pensato davanti a casa mia? Per la prima volta, dopo quattro anni, ho pensato:
“Basta, non me ne importa…”
E ho spento la cam.
Ma la musica continua nella testa…




L’Aquila tour in Blues

Il video non è più disponibile, qualcuno lo ha segnalato…. BOH!


MY BLUES DOG

15 agosto 2013 –

Ferragosto.
Tra una gettata di soda caustica e una di acido muriatico dentro a uno scarico intasato,
è venuto fuori questo video. E’ proprio vero che dal letame nascono i fiori.

LO SO, LO SO, SUONO… DA CANI!
…. ma bisogna guardare ai vantaggi 🙂




My Blues Dog


IL SORRISO DI CELESTINO

           Il ritorno di Celestino in Basilica ha avuto ieri un che di prezioso e di commovente. Trasportato da una camionetta dei Vigili del Fuoco aperta e rossa fiammante, scortato da un manipolo di ragazzi dalla faccia buona e dalla divisa amica, Celestino ha avuto un rientro da film: partito dal convento di San Basilio, s’è fatto largo a fatica, su quella camionetta bassa e scoperchiata, tra i ragazzi che affollavano la zona della Fontana Luminosa come ogni domenica pomeriggio. Vestito a nuovo, col viso d’argento, i piedi un po’ sollevati, sembrava vivificato, dopo tanti secoli di immobilità. Passava e i ragazzi dicevano “Uh, guarda, Celestino!” sorpresi a vederlo girare per le strade della Zona Rossa. E così, piano piano, il povero cristiano è arrivato nella meravigliosa basilica. Ad accoglierlo, tante autorità, un bel gruppo di fedeli, tanti vescovi e prelati, in una di quelle cerimonie solenni e incensate che sa di Medioevo. Tra le autorità e i fedeli c’era la Senatrice Blundo, che ha partecipato in modo evidentemente sentito a tutta la cerimonia. Non so se sia laica o credente, la Senatrice Blundo, e non mi importa di saperlo. Lei c’era, e m’è piaciuto, perché invece ad agosto ci saranno tutti, laici e cattolici, a sfilare per Celestino nella grande sagra paesana del costosissimo corteo. E non mi piacerà. (http://www.inabruzzo.com/?p=51067) Questo ed altri pensieri mi ronzavano nella testa, ieri, pensando agli ultimi quattro anni della nostra città. Alla fine del rito mi sono avvicinata al papa del gran rifiuto e l’ho guardato da vicino. Sul volto d’argento gli hanno disegnato un sorriso, un sorriso deciso, fin troppo marcato. Dopo una prima reazione di stupore e forse anche un po’ di scandalo, ho pensato che forse è giusto così, hanno fatto bene, è stata una buona scelta, il sorriso di Celestino. E me ne sono andata a casa, canticchiando con un po’ malinconia, una vecchia e profetica canzone di De Gregori….

Pezzi di strada, pezzi di bella città
Pezzi di marciapiedi,pezzi di pubblicità
Pezzi di Casa Savoia,pezzi di Borbone
Pezzi di corda, pezzi di sapone
Pezzi di fame, pezzi di immigrazione
Pezzi di lacrime e pezzi di persone
Pezzi di ferro, pezzi di cemento
Pezzi di deserto,pezzi di frumento
Ognuno è fabbro della sua sconfitta
E ognuno merita il suo destino…
… Gira i tacchi e vai in Africa, Celestino!




Francesco De Gregori – Vai in Africa, Celestino!



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