I PENSIERI DEI RAGAZZI SONO I PUGNALI

Questa è una piccola inchiesta effettuata in occasione del movimento di protesta “Studenti aquilani uniti” dell’11 ottobre 2013. Ho dato ai ragazzi questo topic: “Perché ho sfilato in corteo per la mia città”. Estrapolo qui i contenuti più significativi.


• “Quando si chiede a un giovane aquilano che cosa desidera, lui risponde “vivere”. Non vorremmo più vedere container in giro: quattro anni ci sembra un tempo ragionevole. Vogliamo vedere almeno una piazza in cui i bambini rincorrono i piccioni. E io voglio un motivo per alzarmi la mattina”.

• “Cani, gatti e topi tutta la settimana. Noi, solo il giovedì e il sabato. Sono stufa di aspettare, voglio prendere il coltello dalla parte del manico. Voglio un posto di riguardo sulla vostra scrivania. Io voglio una possibilità, perciò devo andarmene. Voglio andarmene, perché ci tengo a me, e non combatto una guerra persa”,

• “Noi giovani siamo diventati invisibili agli occhi dell’Aquila. Io preferisco ricordarmela com’era prima e andarmene via”,

• “La città è diventata di tutti ma non è di nessuno. Chi ci va non ci tiene, perché non può toccarla. Se mi bendassero e mi mettessero nel “mio luogo” io non lo riconoscerei come avrei potuto fare prima, per esempio dall’odore dei cornetti caldi, o dall’ombra umida del campanile. Potrebbe essere qualsiasi altro luogo, perché tra me e lui non c’è più nessun rapporto. Il vero danno è stato distruggere i rapporti tra le persone, e poi tra le persone e la città. Che poi è la stessa cosa”.

• “La lotta di noi giovani è una lotta ad armi impari. Dovrebbero partecipare alle nostre proteste anche gli adulti, perché la città è di tutti. L’Aquila vive solo due sere a settimana e l’unica cosa che ci puoi fare dentro è ubriacarti per dimenticare almeno per qualche ora il degrado che ti circonda”.

• “Come prima cosa io vorrei indietro la mia casa. Vivo scaraventata in un paese, la mia adolescenza è stata sconvolta. Vorrei almeno un posto senza troppe pretese dove fare sport liberamente, dove vedere persone che passeggiano, anziani, bambini e cani che corrono. Prima ce l’avevo, l’hanno chiuso per rifarlo ma sarà chiuso al pubblico. Allora potevano lasciarlo com’era prima, almeno faceva il suo servizio”.

• “E’ la nostra città, ma noi che abbiamo 17 anni ci siamo vissuti finora come degli estranei. Non siamo una generazione che chiede cose frivole. Vogliamo struttura per incontrarci che non sia un bar o un negozio. Ci viene perfino detto che le corse degli autobus al di fuori dell’orario scolastico devono essere ridotte perché sono inutili. Per loro è utile solo il tempo che passiamo a scuola. Ma la mia vita non può essere tutta utile e non può essere tutta scuola. Io voglio che la mia città mi sia utile, che essa sia viva dentro la mia vita”.

• “Un “nostro luogo” è un posto dove, chi prima e chi dopo, ci si incontra senza darsi un appuntamento. Ora questi posti non esistono più e si sono ricreati come posti virtuali sui social: “Quelli di Via Strinella”, “Quelli del Castello”. Ci si parla sui social. Fa tristezza, è tutto falsato”.

• “Vogliamo risposte concrete. Le autorità devono aiutarci ad uscire da questa situazione. Non sarà un gruppo di ragazzi a cambiare le cose, non ce la faremo, è troppo complicata la questione”.

• “Chiediamo luoghi di incontro, dopo quattro anni di attesa, strutture, spazi polifunzionali, adibiti al divertimento e all’istruzione. Eventi, concerti, serate. Eventi che valorizzino il territorio come gite, viaggi, escursioni, visite guidate”.

• “L’unica cosa di cui sono convinta, in questa confusione che ho dentro, è che non voglio mai più avere la parola “precarietà” nel mio futuro”.

• “Esci, bevi, ti ubriachi, ti dimentichi per un po’ di dove ti trovi e al mattino ricomincia tutto com’era prima. Io vivo in un paese e qui c’è un bellissimo spazio polifunzionale dove ci sono computer, rete Internet, sala studio, sala musica e sala relax. Perché queste cose non si possono fare anche all’Aquila? Quando i miei compagni di classe mi telefonano per chiedermi di scendere all’Aquila io gli dico: “ma che ci vengo a fare?”. Però se non possiamo incontrarci non possiamo neanche organizzare qualcosa di coinvolgente, qualcosa che ci faccia sentire vivi”.



okkupaz




Li ffigliole. Villanella a ballo. NCCP.