PIÚ CHE IPPOPOTAMI, DINOSAURI

1 Aprile 2017

Ma davvero vi è piaciuto l’uomo degli ippopotami?
Una folla degna di un guru, per una sequela di luoghi comuni: sui sentimenti, sui libri da leggere, sui primi della classe, sui libri di carta e l’odore dell’inchiostro.
Imbarazzante.
Non lui. L’entusiasmo degli astanti.
Risolini compiaciuti di giovani vecchi.

Assenza.
Lezioncina da scuola media vissuta come oro colato in tutta la sua insignificante saga di luoghi comuni.

Lezioncina la sua, figuraccia quella della gente.
Che non sa più riconoscere un Maestro.
Lui, giustamente, nega di esserlo, lo dichiara ovunque (sono qui a vendere un libro e un cd, dice!), eppure non gli credono.
Strana, la gente. Se uno si dà del Maestro, gli sputano in faccia per la sua presunzione, però se dice di non esserlo, lo adorano come tale. Anche quando dice una sequela di banalità da scuola primaria.

Mia nonna, quando vedeva in televisione le solite facce, nate fresche e divenute decrepite, spaccianti quel decrepito per fresco, diceva scuotendo la testa: ritirati.
Ritirati. Un verbo che la generazione degli squali della canzone, della televisione, della politica, non conosce e non sa coniugare. Ritirati. Solo gli attori di teatro hanno il diritto di non ritirarsi, perché col tempo ci guadagnano, come il buon vino.
Gli altri, no.

E ti vedi già vecchio e cadente raccontare a tutta la gente del tuo falso incidente.
Questo sì, ha una dignità. Una coerenza.
Altro che donne con le gonne.
Mia nonna portava la gonna, ma c’aveva i pantaloni.

Eddai, ritirati in buon ordine.
E’ ora.

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