IL PANE QUOTIDIANO

Ferri,
colonne,
gru con i carrelli.

Per tanti,
inutile paesaggio.

Non per noi
che col passaggio
scriviamo su ogni strada
nuova storia.

Tracciamo una memoria
col semplice cammino
e l’emozione.

Riempiamo spazi vuoti
con l’immaginazione.

Di ogni casa,
viviamo la salita.

E’ così
che si ricuce la ferita.

Rammendo
coi miei occhi
ogni ferro, ogni colonna

di casa mia,
e delle case intorno.

Una strada, una piazza
un campanile al giorno,

così, a punto croce

cucio il ritorno.

Sistemo
con lo sguardo muto e attento
ogni mattone nuovo.

E’ il mio cemento.

Tiro il filo, allento…
Perché nulla sia
di plastica,
al tornare.

E i figli possano abitare.

Una città non cresce all’improvviso
come un fungo
nel bosco.

E io, come una gru,
allungo il collo,
costruisco.

Guardo, osservo,
conosco
e riconosco.

Serve ridare a tutto
col semplice passare
anima nuova.

E consumiamo il pane quotidiano

fatto di polvere
e catrame.

E’ pane da tenere stretto in seno:
riempire i nostri occhi
di quel sogno

che noi non rivedremo.

foto duomo notte

Ali Farka Touré e Toumani Diabaté -“Hawa Dolo”