LA VOCE

 

Un tempo pensavo che fare “lo spesone” col carrello avrebbe diminuito le volte in cui mi toccava andare al supermercato.
Niente di più falso.

Il supermercato è un ventre di vacca: guai a entrarci col carrello. Bisogna entrare con un paio di buste robuste, arraffare il necessario, lista alla mano, e poi dirigersi lenti e inesorabili verso la cassa giusta.

La cassa giusta non si sceglie in base alla lunghezza della fila. Nz-nz-nz… … errore da principianti. Bisogna guardare la cassiera: deve essere giovane, forte, con i capelli visibilmente sconvolti, tipo ciuffi che cadono ai lati, e lei incurante di tirarseli su. Deve sbattere violentemente la spesa all’indietro come un pallone da rugby, e deve spingerla lì, nel cuneo metallico, come se quel ridicolo spazietto fosse una voragine senza fondo. Deve spintonarla con il separatore, incurante delle uova. Deve lanciare la minuscola bustina dello zafferano sul resto della spesa in modo che tu a casa non la ritroverai mai. Deve avere modi glaciali che non suggeriscono nulla di umano. Dev’essere carina, perché quelle carine sono meno disponibili alla conversazione. Devi leggere nei suoi occhi l’assoluta mancanza di pietas verso i clienti dotati di “Fattore R”. Devi intuire che è lei quella che non ti chiederà mai “buste?” perché avrà già visto le tue buste-robuste prima ancora di iniziare. Ecco: quando hai individuato questa mostruosa super-cassiera, allora mettiti pure in fila. Nessun vecchietto la muoverà a compassione, quando con mani tremanti aprirà il suo consunto portafogli: lei inizierà a picchiettare le dita sul cassetto.

Individuata la mia supercassiera mi metto in fila, e mi godo lo spettacolo come faccio davanti agli imbonitori della fiera della befana. Al mio turno, non senza un poco di emozione, mi metto in fondo al cuneo metallico, spalanco le buste-robuste, mi sistemo salda sulle gambe e inizio a parare i passaggi all’indietro della supercassiera, che neanche Castrogiovanni.

Inaspettatamente, sento un “blin-blon”. Sapete, quei blin-blon seguiti da una voce di plastica che dice: “Gentili clienti, solo da noi troverete…”. Ebbene, questa voce però non è di plastica. E’ una voce normale, di una persona di carne. Non so come spiegarvi, è una voce indefinita, giovane, di un ragazzo un po’ timido, non abituato a parlare al microfono. Ha perfino un leggero difetto di pronuncia, un accenno di “esse” da Gatto Silvestro. Un difetto? In un supermercato come questo? Mi allerto immediatamente, e ascolto.
La voce dice: “Blin–blon… Solo per oggi, al reparto frutta, comprando cinquecento pesche ne riceverete una in omaggio”.
Resto alcuni secondi inebetita, poi scoppio a ridere. Mi guardo intorno, cercando la complicità di qualcuno. Vorrei dire… “Ehi! Avete sentito? Una battuta!
Ma in quel posto tristo, nessuno dà segni di vita.

Dopo un paio di giorni torno al supermercato, e succede di nuovo.
Blin-blon… Avvisiamo la gentile clientela che con una spesa di duecento euro avrete in regalo uno stracchino in scadenza”. Stavolta il mio entusiasmo è incontenibile! Mi trovo nella corsia della carta igienica, le persone stanno lì a capo fitto come davanti a una scelta tra la vita e la morte. Provo comunque a cercare lo sguardo di qualcuno, ma niente da fare, sono tutti concentrati sul doppio velo, nessuno si è accorto di nulla. Allora mollo a terra le mie buste-robuste e corro verso il Punto di Ascolto. La voce dev’essere lì, non c’è dubbio. E’ da lì che fanno i blin-blon. Devo vedere quella voce, VOGLIO vederla! Corro… dribblo… arrivo… ma al Punto di Ascolto non c’è nessun ragazzo. Sarà un nastro registrato? Magari è il tecnico che ha preparato la registrazione e ci ha messo dentro uno scherzetto? Sbircio sul soffitto… dov’è nascosta la telecamera? Niente, non è una candid.

E un paio di giorni dopo accade di nuovo.
Blin-blon… Reparto macelleria. Avvisiamo la gentile clientela che in questo supermercato troverete i migliori maiali”. Scoppio a ridere fragorosamente: “Ahahahahahah!
Non c’è dubbio, costui è un genio. Inizio a pensarlo non più come un burlone, ma come una talpa, un infiltrato della decrescita nelle maglie del ventre di vacca, un novello Winston Smith.
Ma poco dopo il blin-blon si ripete, stavolta seguito da un’altra voce, piuttosto gelida e stizzita: “Comunicazione interna: Giorgio al magazzino. Ripeto: GIORGIO AL MAGAZZINO”. Il tono è imperioso e allarmato, mi dico sì, questo Giorgio dev’essere un vigilante, lo stanno chiamando per imbavagliare la voce. Allora decido di cercare il magazzino, abbandono le mie buste-robuste e mi metto a cercare il magazzino, lo cerco in quelle porte enormi da cui entrano ed escono muletti carichi di merce. Ma niente, non vedo il magazzino, non vedo Giorgio, non vedo “la voce”, non vedo niente di diverso dal solito. E’ l’effetto dell’aria condizionata? Ho sognato? E no che non ho sognato! Ho sentito chiaramente la voce dire: in questo supermercato troverete i migliori maiali”. Lo avranno già licenziato?

Per saperlo, il giorno dopo ci torno. Aspetto un tempo indefinibile, annientandomi in mezzo alle scatole di fiocchi d’avena… alle bottiglie di colluttorio tutte verdi… anche i detersivi sono tutti verdi… vedo tutto verde… mi gira la testa… le luci … i suoni… i colori … sono in preda a un trip da Cocoricò… ma resto, e aspetto.

E finalmente arriva: “Blin-blon…” … Blin-blon …” (lo fa per due volte)…
Silenzio… piccoli rumori… “… Cik … ciak ciak…”
Poi, timidamente, manifesta il suo genio: “Gentili clienti, per l’offerta delle rape, rivolgersi in Direzione”.

Uàuàuàuàuàuuà… … Ma è un mito! Resto lì, tremante, come davanti a una meta strappata agli All Blacks. Sono ancora lì con la mano sul cuore, quando un signore anziano col cappellino da baseball mi ferma e fa: “Scusi signò… dice che per l’offerta delle rape bisogna andare in Direzione… ma ddò stà la Direzione?
Che?” dico io stupefatta “l’offerta delle rape? … Ma guardi…” balbetto “la voce… non credo che… quella intendeva… non le rape!… intendeva… le rape!…

Ah ecco!” fa lui, indicando un capannello di persone vicino a una porta bianca.
Vedo che hanno tutti in mano un foglietto.  E’ il buono dell’offerta delle rape.
Come da volantino, mi dicono.

Dunque era vero. Le rape, lo stracchino, i maiali, le pesche … era tutto vero! Mi sono sognata tutto! Ma dico io, razza di ignorantoni, è quello il modo di fare gli annunci? Si dice “abbiamo la migliore carne di maiale”, e non i migliori maiali! Si dice “per consegnare il buono sconto sulle rape”, e non per l’offerta delle rape!… Razza di analfabeti!
Sono arrabbiata. E delusissima.
Winston Smith me lo sono sognato.

Mi allontano lentamente dalla Direzione.
Voglio andarmene da qui. Voglio il mio quartiere, voglio il mio pizzicagnolo all’angolo della strada. Voglio vedere il Fiorino bianco parcheggiato lì davanti col bagagliaio perennemente aperto, con i cesti del pane dentro. Voglio scegliere tra il prosciutto di Gino e quello di Luciano. Voglio la bottiglia del latte fuori dalla porta di casa. Non bevo latte, ma la voglio lo stesso. E voglio casa mia, e voglio i sampietrini, e l’odore di muffa dei vicoli. Voglio camminare sul selciato. Voglio l’odore dei tigli della Villa quando ritorno a piedi dal mercato di piazza Duomo, col prezzemolo che sbuca felice dalle buste. Rivoglio tutto questo, maledizione!
Non so perché mi viene in mente proprio adesso, ma è proprio quello che voglio per la mia ferita. E lo voglio adesso, qui, subito.

In preda allo sconforto mi avvio all’uscita.

Qualcuno schiude lentamente una porta bianca, proprio davanti a me: un ragazzo con la divisa del supermercato esce da quella porta in maniera discreta.
E’ bianco come una mozzarella, e magro come uno stecchino.
Richiude la porta bianca, si dirige verso di me, mi guarda fisso negli occhi, passa oltre.

Poi si volta, e mi fa l’occhiolino.

 

SUPERMERCATO

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