IL SEGRETO DELLE PASTARELLE

Anche questo scritto nasce da fatti realmente accaduti. Un po’ romanzati, ma è una storia che amo molto, e mi è piaciuto raccontarla.
_____________________
 
 

            Era una piccola pasticceria, situata su uno di quegli stradoni tristi e trafficati del dopo-sisma, buona posizione per accaparrarsi i clienti di passaggio che avevano dimenticato di portare a casa un dolce, o che dovevano inventarsi qualcosa per non arrivare con le mani in mano.
Bobo era l’unico impiegato della Premiata Pasticcera “Sorriso”, che prima del sisma aveva una bella bottega al centro storico, con le vetrine luccicanti, e che ora tirava in economia su tutto, sopra quello stradone, e tutto caricava sulle spalle dell’unico lavorante, proprio lui, Bobo, che apriva bottega alle cinque del mattino, e la chiudeva alle diciotto e trenta, dopo aver messo a lievitare le brioche per la colazione.
Bobo, per gli amici Jack, per via della sua impressionante somiglianza con Jack Nicholson, di quell’attore aveva l’aspetto, ma non lo sguardo vigoroso. Creatura mansueta lui era, mite come pochi, mite come un buon cristiano, mite come l’acqua governata di un rigagnolo, che serve ad abbeverare le bestie. Uomo scorbutico invece era Erminio, il titolare, di quelli grassi e sudaticci, che fanno tirare la cinghia alla povera gente, mentre loro la allentano sempre di più, intorno a una pancia sempre più grassa.

            La vita di Bobo si svolgeva nel retrobottega, tra planetarie e leccarde, fruste, sac-à-poche, zuccheri, farine e cartoni pieni di uova. Erminio, “Ju padrò”, faceva il gradasso davanti al banco, e diceva ai clienti di aver impastato lui, di notte. E Bobo era dietro, che schiumava tra il forno ed il frigo, d’estate e d’inverno, con orari da cani e mai una festa, specialmente nei giorni in cui è festa per tutti. Benedetto comunque, quel bel Diploma da Pasticcere! Gli aveva salvato la vita, dopo che la sua azienda era fallita mangiandosi tutto. Dopo il terremoto Bobo s’era ritrovato sotto padrone, e s’era presa la sua soma, dopo il tracollo, e la tirava, mansueto come un bue. Nessuno sapeva della sua bella laurea in Biotecnologie, ormai un pezzo di carta appeso al muro. Né lui lo diceva a nessuno. A che sarebbe servito? A farsi prendere in giro? Il signor quarantenne laureato, che faceva il ragazzo di bottega sotto padrò? Bobo si alzava alle quattro ogni mattina, tirava su dal letto il suo metro e novanta di statura, prendeva la sua divisa sempre pulita e stirata, e se ne andava a lavoro senza pensare, senza chiedere perché, anzi sapendolo, il perché: perché la vita va per conto suo, e non devi mettertici a discutere, devi portartela addosso, la vita, proprio come le scarpe, e camminare e camminare e camminare, finché  i tuoi piedi non ne prendono la forma e tu non ti ricordi neanche più com’erano veramente, i tuoi piedi, prima di quelle scarpe.

            Bobo, dal suo retrobottega, sentiva la voce dei clienti. Ju padrò invece trattava con loro guardandoli in faccia, si prendeva meriti e complimenti per la squisitezza dei dolci, e chiudeva la porta per non farsi sentire. Quando Bobo percepiva la voce di un cliente, lanciava uno sguardo alla porta, oltre i vetri, per vedergli la faccia. Aveva imparato tante cose sulla gente: quella laurea appesa al muro non gli aveva dato un lavoro, ma gli aveva affinato una sensibilità e un’intelligenza che erano un grande valore, per lui.

            Un giorno Bobo si accorse che quel rozzo di Erminio lucrava sui poveri. Sì, proprio così! Sapete com’è la storia che al bar offre sempre chi è più povero? Allo stesso modo i negozianti agevolano sempre i ricchi, invece dei poveri. Un venditore fa il prezzo più caro a chi mostra di avere pochi soldi, e fa un bello sconto a chi mostra di averne tanti. Mah! Misteri, per il gigante buono di nome Jack. Un vecchietto che veniva a comprare i bignè, per esempio, e si tirava sempre da un lato quando in negozio c’era gente, doveva aspettare che Erminio, Ju padrò, sistemasse prima tutti gli altri. E il poveretto era così umile e timido che non reclamava, aspettava, aspettava senza parlare. E capitava che i bignè finivano. Quando Bobo lo vedeva, dal retrobottega, si affannava a prepararne altri, e quando Ermino stava per dire con dispetto che i bignè erano finiti… zac! Bobo arrivava con il braccio alzato come l’angelo vendicatore, ma al posto della spada aveva un bel vassoietto pieno di leccornie. Disappunto, sulla faccia di Erminio, disappunto e incredulità, perché riteneva Bobo troppo stupido per fare volontariamente una cosa del genere. Gioia, invece, negli occhi del vecchietto, che – era evidente – si concedeva solo ogni tanto quel piccolo lusso. Sorriso ghignante, infine, negli occhi di Bobo, che aveva la soddisfazione di aver fatto felice il pensionato, e fatto fesso Ju padrò.

            Erminio ordinava le paste ripiene e le torte quasi sempre all’ultimo momento, perché era tirchio, non voleva che avanzasse mai nulla: iI cliente entrava, ordinava, lui gli diceva di tornare dopo un’ora o mezz’ora, poi apriva la porta del retrobottega e senza neanche guardare gridava: “Una Saint’Honoré”… “Una meringata alla fragola!”… “Quindici tranci alla frutta!”. Se il cliente arrivava in chiusura, a Bobo toccava sforare l’orario.

            Un anno era, ormai, che Bobo era schiavo di quel negriero, e gli affari di Erminio andavano a gonfie vele. Ma ultimamente Ju padrò non riusciva a spiegarsi come mai la clientela s’era andata livellando verso il basso: poveri, pensionati, extracomunitari, ragazzini. “Che tempi! Che roba! Che devo vedere!” sbraitava. “Siamo invasi da poveracci! Questo terremoto ci ha messo in mezzo a una strada! Dove sono più quei bei signori di una volta? Li vedevi la domenica dopo la messa, eleganti, col cappello e la pelliccia, quando avevamo la bottega in Piazza! Che soddisfazione fare quei pacchettini col filo dorato ben fermo col doppio nodo, dove loro infilavano il dito! Ora questi poveracci qui fanno sprecare più vassoi che paste!”. Bestemmiava, Erminio, contro i tempi e la malasorte, e se la prendeva col terremoto.
Rideva invece sotto i baffi, di là, Bobo, il “ragazzo” di bottega. Perché era colpa sua se i dolci diventavano speciali, più buoni, più pieni, più freschi sì, ma solo per i poveri. Una laurea in biotecnologie serve pure a qualcosa: chi mai distingue il sapore delle polveri? “Uovo e polvere d’uovo sono lo stesso!” gli gridava sempre Erminio. Ma Bobo sapeva che uovo e polvere d’uovo non sono per niente lo stesso, perciò faceva i suoi bei distinguo, nel retrobottega. I ricchi non si lamentavano, perché le paste erano buone ugualmente, ma i poveri godevano di paste ben più squisite! E quando arrivava Maria, la sarta del quartiere, una bella vedova, Bobo ci metteva del suo, e rendeva le paste davvero magnifiche, dentro, e le torte farcite come non mai. Aveva sempre cura, però, di farle un po’ più bruttine a vedersi, per non insospettire Ju padrò: e gli piaceva da morire quando Erminio si affacciava soddisfatto nel retrobottega e gli diceva con l’aria di chi ti coglie in castagna: ”Certo che quella Bresciana per Maria l’hai fatta proprio da schifo eheheheheheh”. “Eccerto che l’ho fatta da schifo” pensava Bobo ridacchiando col cuore “ma vedrai quando se la mette in bocca…”. E infatti i suoi poveri (così li chiamava Bobo) quando entravano a bottega avevano gli occhi che luccicavano di gioia. I ricchi no, loro erano sempre impassibili e uguali, sempre comunque annoiati. Per loro, una pastarella è solo una pastarella! E lui, tiè, a loro gli metteva le polveri. Tanto, al ricco che gli cambia? Ma al povero sì, oh, al povero una pastarella gli cambia la giornata, e forse gli cambia anche la vita! E Bobo, nel suo retrobottega, si sentiva come il braccio di una brava bilancia.

Mai nessuno ha scoperto il suo segreto, Bobo se lo porta a casa ridacchiando tutti i giorni.
E quando Erminio lo costringe a fare orari da Cayenna, lui è lì che pensa a Maria, la vedova col vestito rosso, pensa al momento in cui lei aprirà il suo pacchetto di pastarelle, a casa, e farà festa, facendo mmmmhhhhh mentre mangia, come fanno i poveri.

            E voi che mangiate le pastarelle, pensateci, se siete ricchi. Se c’è Bobo nel retrobottega, sappiate che quelle pastarelle sono fatte con le polveri. Ma se siete poveri…. ah! allora gusterete uova e zuccheri pregiati, dolci al sapore di marzapane, e impasti con zenzero e cannella. Bobo è lì dietro, che sogna mentre cucina, sogna il momento in cui Maria, la bella vedova, gli lancerà uno sguardo ammiccante dai vetri. Uno sguardo che dice: “Io ho capito!”

 

pastarelle


Jimi Hendrix- Mellow Jam