C’era una volta un posto magico e incantato
di quelli che ha scolpito il padreterno,
quelli dove c’è qualche apparizione,
qualche visione mistica,
qualcosa che rimanda a un paradiso.
E c’era un prete buono che diceva messa
un prete aperto, che perdonava assai
faceva entrare tutti e non chiedeva mai.
Perfino i cani lui faceva entrare
e loro se lo stavano a guardare
fieri e mansueti, senza litigare.
Quel santuario era dei montanari,
di chi con Dio ci parla in posti rari,
di chi è pecora nera e fuorilegge
di chi si sente lupo, più che gregge.
Erano rimaste ormai poche certezze
a chi col terremoto aveva perso tutto.
Una di queste era quel santuario
e ci s’andava o per grazia, o per Calvario.
Uomini poi di buoni intenti
vollero aggiungere cose più accoglienti:
luce, latrine, regolamenti.
Da posto sacro, di poche pretese,
divenne a modo suo Villa Borghese.
E invece di riurbanizzare la città
s’è urbanizzato questo posto qua.
Fa niente, tenetevi anche questo.
Ce ne cerchiamo un altro col sorriso.
E sarà una scala
per il Paradiso.