C’ERAVATE

Pubblico qui questo testo nato nel Natale 2004.
Era dedicato a tutti quelli che “c’erano”.
Che poi sono gli stessi che ci sono.
E gli stessi che ci saranno.
La capacità di “esser-ci” è, per me,
ciò che ci permette di riconoscerci e di sceglierci.

Lo regalo a Chiara-Chicca Santucci, con i miei auguri più cari.
A lei, e al suo bimbo appena nato

Bibi c’era.
Usciva e rientrava e portava poi agli altri tutto quello che aveva raccolto
il polline, il caldo, un po’ d’acqua piovana.
Un giorno mi vide col vestito da sposa, lui e gli altri, rondine inquieta, foste voi, quasi, i miei soli invitati.
Chicca era trecce e foulard sui capelli di grano e dolore negli occhi
poi gioia e profumo di verde.

Il mio bimbo lallava le prime parole,
Chicca c’era,
costruiva pupazzi e disegni lei – già – sapeva impastare i colori dei prati
al cemento e al bitume di grandi città.
E Stefano, il Tarta, lui c’era,
e scioglieva la neve passandoci sopra da stella cometa
e aveva negli occhi il colore del mare e la costa Smeralda.

Il mio bimbo correva gattoni e lallava e correva e lallava e mai riposava…
C’eravate, a prendermi in braccio al mattino
se avevo negli occhi la febbre del sonno
e la veglia di madre.
E io c’ero al mattino a prendervi in braccio  se vedevo negli occhi un amore affogato
o un amico, o le centocinquanta equazioni da fare.
Giorni in discesa
al mattino gli sguardi ci univano taciti tutti…

C’eravate pure quel giorno,
e un pugno di terra era il vostro
in quel giorno di pioggia che ho  sepolto mio padre.
E di resina, voi, ad avvolgermi la corteccia ferita
tagliata dal tronco dell’unica quercia.

Lo sapete,
ogni anno mi affidano occhi pieni di sogni.
Come voi mi accompagnano, mi perdonano sempre, quando non capisco.
Ma poi i ragazzi crescono. E i ragazzi, si sa, con gli anni…

…restano.

Succede che poi li rivedi a Natale
con le voci profonde davanti a un thé al gelsomino
guardare la neve che cade di dietro le bifore di Piazza del Duomo
e non sono cambiati
e c’è forza
e c’è tanto di quello che hai detto.
Vorresti ora chiedere scusa, e dire che no, non era poi così vero
che i libri non hanno ragione,
di sentire prima la Vita…

Ma Bibi sorride,
ogni gesto che vede è un racconto che cura chi legge,
Chicca beve Milano come  aroma di fiori,
e Tarta, lui, si ricorda quei muri riempiti di notte con l’arcobaleno.
Ha le ali nei piedi anche se non scia più.

 

1990
Dicembre 2004