Le vicissitudini di una città sconvolta. E l’urgenza dei problemi concreti, prima della grande nevicata…
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Spesa: fatta.
Casa: pulita.
Provviste: pronte.
Dicono che stanotte nevica.
Adesso torno a casetta e mi butto sul divano. Non mangio neanche, mi butto sul divano e chiudo gli occhi e non esco fino a domani, ammesso che domani si riesca a uscire.
Niente da fare, sorpresa: Teo ha sporcato il mio sacro piumone d’oca, da me venerato come una reliquia pre-sismica, e amato come Linus ama la sua copertina.
Teo mi guarda con aria interrogativa. Inequivocabile, ai piedi del letto, proprio sul bordo inferiore del sacro piumone d’oca, campeggia qualcosa di molto simile allo sgotto di un gatto.
In preda al panico, decido coraggiosamente di provvedere. “Stanotte nevicherà, e io come sempre dormirò sotto quel piumone, lo giuro!” Mi sento come Rossella O’Hara quando dice: “Non soffrirò mai più la fame, mai più!”. E mi piace.
Prendo il piumone e, pestandolo di forza come uva alla vendemmia, lo infilo dentro un grosso sacco condominiale, e vado in cerca di una lavanderia. Per fortuna non è lontana…. Niente da fare, chiusa. “Accidenti, oggi è lunedì. E il lunedì i negozi sono chiusi”. Inizio a parlare da sola. “Ma insomma, aprono la domenica e chiudono il lunedì? Fate i bravi, su, state chiusi la domenica, che uno sta a casa e magari ha tempo di far uscire il cane, e aprite il lunedì, che uno va a lavorare, no?”. Mentre brontolo cerco una self-wash. Cavolo, il cervello mi si annebbia, non mi ricordo dove sta una lavanderia self. Mi sembra al Castello. Vado al Castello. No, non c’è, il ricordo appartiene all’era pre-sismica. Allora è a Santa Barbara! La vedo col ricordo: grande, luccicante, a due vetrine, che quando ci passavo davanti mi chiedevo sempre chi mai andasse, in una self-wash. Ecco, ci vado io. Proprio io. E così, rotonda dopo rotonda, ci arrivo. Niente da fare, la lavanderia non c’è più, è tutto chiuso e diroccato. Anche quello è un ricordo di prima del terremoto. Che poi cominciano a essere quattro anni, cavolo, e come mai i ricordi non si sostituiscono con altri ricordi?
Comunque, gira che ti rigira, alla fine ne trovo una. E’ tutta libera, che fortuna! Infilo il sacro piumone da 8 chili dentro un igloo, cerco il sapone… No: sapone finito. Ah, ecco perché non c’era nessuno. Riprendo il sacro piumone dalla lavatrice, lo rinfilo nel sacco nero condominiale, lo ributto in macchina e cerco un’altra lavanderia. Quelle che conosco sono chiuse e non hanno il self-wash. Elaboro un piano B. Il buon senso mi dice: fai prima a ricomprartene uno nuovo. Ma la parte furba di me dice: no, non va bene continuare a comprare roba, quando ce n’è tanta ammucchiata un po’ qua un po’ là. Decido di dar retta alla parte furba. Vado alla casa rotta dove tengo la roba sfollata. Cerco di recuperare un trapuntino leggero ma caldo, che può ricordare da lontano il sacro piumone unito. Con la torcia accesa entro nella casa rotta, cerco, ma il trapuntino non c’è. Si sarà perduto sulle strade della California, i mille spostamenti di roba. Ricomincio la caccia alla lavanderia. Ne trovo finalmente una aperta, scendo dalla macchina e lascio lo sportello aperto e il motore acceso. Chiedo dalla porta: la signora dice che a lavare un piumone ci mette una settimana. “Una settimana? Ma scherziamo? Stanotte nevica! E IO DEVO DORMIRE SOTTO AL MIO SACRO PIUMONE”. La signora mi dice che c’è una Self a un centro commerciale lì vicino. Vado. Parcheggio, tiro giù dal bagagliaio il sacco come fosse un cadavere e lo trascino fino alla self. Noooo: c’è una fila che arriva fino alla porta. Parlano in una lingua che non capisco e sono vestiti in modo strano. Alcuni sono lì con tutta la famiglia. I bambini stanno giocando per terra con delle automobiline. Sembra quasi che abitino lì e che quella sia la lavatrice di casa. No: il sacro piumone non entrerà in quella self-wash. Torno indietro sempre trascinando il cadavere nel sacco, lo butto nel bagagliaio, e la parte furba di me dice: “Compro il sapone e vado a lavarlo in quella che ho trovato per prima”. Al primo supermercato compro il sapone e vado. Arrivo, infilo, accendo… Ce l’ho fatta! E invece…. salta la luce!!! Cacchio! Cerco di stare calma e di ragionare. Il portello per recuperare il sacro piumone non si apre. Dico: e mo? vabbé ripasso domani mattina, se non si apre, non me lo possono fregare… Mi viene da piangere a pensare al sacro piumone abbandonato lì, solo solo, di notte. Anche questa volta mi sembra di stare in un film tipo Io sono leggenda, in una società post-atomica. Cacchio, però nel film il cane non sporca il piumone! All’improvviso mi squilla il telefono: è Anna, dice che vuole passare a trovarmi. Dico “Anna, sei la mia salvezza, tirami via di qui”.
Prima di uscire vado a salutare il sacro piumone: voglio vedere come sta e mandargli un bacetto. Tanto per fare, provo ad aprire il portello e… miracolo, si apre! Recupero il piumone, lo metto nel sacco nero, butto il sacco nel bagagliaio e vado a casa soddisfatta.
Sto un po’ con Anna, ci facciamo il tè e io mi chiarisco le idee. Ma appena lei esce… mi ritorna la smania del piumone: DEVO DEVO DEVO riuscire a lavarlo prima di stanotte! Potrei tornare alla self-wash del centro commerciale, in fondo ora tutte quelle brave famigliole saranno tornate a casa a cenare. Ma credo che si farebbe mezzanotte per asciugare. Che io ci starei pure, ad aspettare il sacro piumone pulito fino a mezzanotte, Se non fosse che sta per nevicare e rischio di restare chiusa lì dentro fino al disgelo. Mi vedo come dentro a The Terminal. No, vedo Novalee di Qui dove batte il cuore. In effetti la scenografia ci sta tutta, pure quella urbana di Sequoyah in Oklahoma… Mi arrendo, torno a casa.
Guardo sconfortata il sacro piumone chiuso dentro al sacco nero condominiale. Sarà morto asfissiato. E decido di fare a meno anche di lui
Al diavolo, che nevichi pure. In fondo, siamo già al 25 novembre.
All’Aquila, tra poco, è Primavera.