PARADISO E INFERNO

L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà.

Se ce n’è uno, è quello che è già qui.
Ed è l’inferno che abitiamo tutti i giorni,
e che formiamo stando insieme.

Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti:
accettare l’inferno e diventarne parte
fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso
ed esige attenzione e apprendimento continui:
ed è cercare, e saper riconoscere, chi e cosa,
in mezzo all’inferno, non è inferno.
E farlo durare, e dargli spazio.

 

(I. Calvino, “Le città invisibili”)

 



Black Sabbath – God is dead?

IL PIUMONE

Le vicissitudini di una città sconvolta. E l’urgenza dei problemi concreti, prima della grande nevicata…
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Spesa: fatta.
Casa: pulita.
Provviste: pronte.
Dicono che stanotte nevica.
Adesso torno a casetta e mi butto sul divano. Non mangio neanche, mi butto sul divano e chiudo gli occhi e non esco fino a domani, ammesso che domani si riesca a uscire.
Niente da fare, sorpresa: Teo ha sporcato il mio sacro piumone d’oca, da me venerato come una reliquia pre-sismica, e amato come Linus ama la sua copertina.
Teo mi guarda con aria interrogativa. Inequivocabile, ai piedi del letto, proprio sul bordo inferiore del sacro piumone d’oca, campeggia qualcosa di molto simile allo sgotto di un gatto.
In preda al panico, decido coraggiosamente di provvedere. “Stanotte nevicherà, e io come sempre dormirò sotto quel piumone, lo giuro!” Mi sento come Rossella O’Hara quando dice: “Non soffrirò mai più la fame, mai più!”. E mi piace.
Prendo il piumone e, pestandolo di forza come uva alla vendemmia, lo infilo dentro un grosso sacco condominiale, e vado in cerca di una lavanderia. Per fortuna non è lontana…. Niente da fare, chiusa. “Accidenti, oggi è lunedì. E il lunedì i negozi sono chiusi”. Inizio a parlare da sola. “Ma insomma, aprono la domenica e chiudono il lunedì? Fate i bravi, su, state chiusi la domenica, che uno sta a casa e magari ha tempo di far uscire il cane, e aprite il lunedì, che uno va a lavorare, no?”. Mentre brontolo cerco una self-wash. Cavolo, il cervello mi si annebbia, non mi ricordo dove sta una lavanderia self. Mi sembra al Castello. Vado al Castello. No, non c’è, il ricordo appartiene all’era pre-sismica. Allora è a Santa Barbara! La vedo col ricordo: grande, luccicante, a due vetrine, che quando ci passavo davanti mi chiedevo sempre chi mai andasse, in una self-wash. Ecco, ci vado io. Proprio io. E così, rotonda dopo rotonda, ci arrivo. Niente da fare, la lavanderia non c’è più, è tutto chiuso e diroccato. Anche quello è un ricordo di prima del terremoto. Che poi cominciano a essere quattro anni, cavolo, e come mai i ricordi non si sostituiscono con altri ricordi?
Comunque, gira che ti rigira, alla fine ne trovo una. E’ tutta libera, che fortuna! Infilo il sacro piumone da 8 chili dentro un igloo, cerco il sapone… No: sapone finito. Ah, ecco perché non c’era nessuno. Riprendo il sacro piumone dalla lavatrice, lo rinfilo nel sacco nero condominiale, lo ributto in macchina e cerco un’altra lavanderia. Quelle che conosco sono chiuse e non hanno il self-wash. Elaboro un piano B. Il buon senso mi dice: fai prima a ricomprartene uno nuovo. Ma la parte furba di me dice: no, non va bene continuare a comprare roba, quando ce n’è tanta ammucchiata un po’ qua un po’ là. Decido di dar retta alla parte furba. Vado alla casa rotta dove tengo la roba sfollata. Cerco di recuperare un trapuntino leggero ma caldo, che può ricordare da lontano il sacro piumone unito. Con la torcia accesa entro nella casa rotta, cerco, ma il trapuntino non c’è. Si sarà perduto sulle strade della California, i mille spostamenti di roba. Ricomincio la caccia alla lavanderia. Ne trovo finalmente una aperta, scendo dalla macchina e lascio lo sportello aperto e il motore acceso. Chiedo dalla porta: la signora dice che a lavare un piumone ci mette una settimana. “Una settimana? Ma scherziamo? Stanotte nevica! E IO DEVO DORMIRE SOTTO AL MIO SACRO PIUMONE”. La signora mi dice che c’è una Self a un centro commerciale lì vicino. Vado. Parcheggio, tiro giù dal bagagliaio il sacco come fosse un cadavere e lo trascino fino alla self. Noooo: c’è una fila che arriva fino alla porta. Parlano in una lingua che non capisco e sono vestiti in modo strano. Alcuni sono lì con tutta la famiglia. I bambini stanno giocando per terra con delle automobiline. Sembra quasi che abitino lì e che quella sia la lavatrice di casa. No: il sacro piumone non entrerà in quella self-wash. Torno indietro sempre trascinando il cadavere nel sacco, lo butto nel bagagliaio, e la parte furba di me dice: “Compro il sapone e vado a lavarlo in quella che ho trovato per prima”. Al primo supermercato compro il sapone e vado. Arrivo, infilo, accendo… Ce l’ho fatta! E invece…. salta la luce!!! Cacchio! Cerco di stare calma e di ragionare. Il portello per recuperare il sacro piumone non si apre. Dico: e mo? vabbé ripasso domani mattina, se non si apre, non me lo possono fregare… Mi viene da piangere a pensare al sacro piumone abbandonato lì, solo solo, di notte. Anche questa volta mi sembra di stare in un film tipo Io sono leggenda, in una società post-atomica. Cacchio, però nel film il cane non sporca il piumone! All’improvviso mi squilla il telefono: è Anna, dice che vuole passare a trovarmi. Dico “Anna, sei la mia salvezza, tirami via di qui”.
Prima di uscire vado a salutare il sacro piumone: voglio vedere come sta e mandargli un bacetto. Tanto per fare, provo ad aprire il portello e… miracolo, si apre! Recupero il piumone, lo metto nel sacco nero, butto il sacco nel bagagliaio e vado a casa soddisfatta.
Sto un po’ con Anna, ci facciamo il tè e io mi chiarisco le idee. Ma appena lei esce… mi ritorna la smania del piumone: DEVO DEVO DEVO riuscire a lavarlo prima di stanotte! Potrei tornare alla self-wash del centro commerciale, in fondo ora tutte quelle brave famigliole saranno tornate a casa a cenare. Ma credo che si farebbe mezzanotte per asciugare. Che io ci starei pure, ad aspettare il sacro piumone pulito fino a mezzanotte, Se non fosse che sta per nevicare e rischio di restare chiusa lì dentro fino al disgelo. Mi vedo come dentro a The Terminal. No, vedo Novalee di Qui dove batte il cuore. In effetti la scenografia ci sta tutta, pure quella urbana di Sequoyah in Oklahoma… Mi arrendo, torno a casa.
Guardo sconfortata il sacro piumone chiuso dentro al sacco nero condominiale. Sarà morto asfissiato. E decido di fare a meno anche di lui
Al diavolo, che nevichi pure. In fondo, siamo già al 25 novembre.
All’Aquila, tra poco, è Primavera.

 

lavanderia1

NELLA NEBBIA

Dalla piana del fiume alla salita
era un bel faro nella fitta nebbia
il campanile della chiesa antica.

Non c’erano macerie sulla strada,
e il tetto coi suoi coppi
nel paesaggio stava.

Alzavi gli occhi
e bella la campana in su spiccava
oltre lo stallo.

Ora ci guida
il triste luccichìo
di una lastra di metallo.



nebbia


Peter Hammill – In the fog

IO, ADULTESCENTE

Capirvi.
Essere sfera ruvida d’argilla
in mezzo a bocce gelide d’acciaio
che rotolano sicure sul birillo
e fanno sempre centro.
Dirvi
come s’incassano i colpi sotto cinta.
Sentirvi.
Trovare le chiavi per aprirvi

è vivere per sempre innamorata.

I miei capelli imbiancano,
ma non è mio
il lusso di invecchiare.

Gran bell’inconveniente:

essere per metà adulta,
e per metà Adolescente.

 


2003
 


Tango with lyon – In a bar

SONO LA STRADA

Io sono la strada
nella campagna verde,
io sono piana, io sono distesa,
niente trappole,
non ci si perde.

Bella la strada dove vanno i piedi
che ballano
e che non stanno fermi.

Io sono la strada del piede errante,
sono la strada di un solo viandante.
Di un solo viandante io sono il passaggio
e solo quell’uno ha il segreto del viaggio.

Che sia ogni bene al suo passo dorato
sia luce ai nostri piedi vivi,
e luce all’orto degli ulivi
dove lui è stato.



mare_cappello



Le Orme -_Calipso


ALL’AMICA CHE TORNA A CASA

Lo so come ti senti:
felice di lasciare la capanna,
dire dopo quattr’anni “casa mia”,
e poi guardarti intorno
padrona finalmente
che per noi donne è come dire
“torno di nuovo a vigilare tutto”.

Eppure so quello che senti, amica,
lasciando noi compagni di prigione,
e so che proverai
quando dal letto tuo ci penserai,
coi nostri stracci ammucchiati sul balcone.

Vorresti portarci tutti via
lo so, Annalucia,
ma questo non è il nostro momento,
è il tuo, e non sentirti in colpa.

Per noi quel giorno, sai, è così lontano
che lo vivremo come la tua gatta:
spauriti
accucciati in un angolo del letto
senza mangiare e bere
prima di capire di nuovo dove stiamo.

Prima di poter dire ancora “io”.

gattadianna
La Splendida Gatta di Annalucia



Amelie – Soir De Fete


AIACE

Maledetto sia il viaggiatore
che ti vinse con l’astuzia della volpe,
ti vinse
col suo cavallo di legno.

Fu colpa sua il tuo volo
da quella scogliera

e il mio perderti
su quella spiaggia che t’è cuscino,
il mio perderti
per le armi lucenti che il mare generoso
ti vestì sulla sabbia,
togliendole a lui, la bestia, l’orribile
ingannatore
che i vincitori fecero eroe
e santo.

Che importa
a quelli come noi
– i perdenti –
che importa se tardi è venuto
il tuo premio, Aiace.

Che importa se t’è negato il corpo
a riceverlo.

A quelli come noi
fa giustizia anche solo
la memoria
di quelli che sono

Come Noi.



GilFoto: Gil



A Salty Dog – Procol Harum


GLI OCCHI DELL’ANIMA

Non t’ho visto quand’eri giovane
e felice.
Né quando eri ricco
e potente.

Di te non ho visto quasi niente
di quello che è facile amare
e che gli altri hanno subito visto
e amato.

Tutto quello che eri, io l’ho sentito
senza averlo mai visto.

Sento e so
chi sei stato
e non sei più.

Ecco perché

come se tu fossi una fede,
come se tu fossi un dio,
in te vedo meraviglie
che conosco solo io.
 

ombra-pg



Beth Hart – Take it easy on me

LO SCHIAFFO

E m’è dato,
immeritato.

Fuoco rovente che non lascia la faccia,
schiaffo che piove
sempre lì, sempre lì
segno che lascia la sua traccia,
minaccia.

Vita:
schiaffo da cui
non s’impara niente.

Colpisci a caso,
hai bende sugli occhi.
Ridi, lasci che ci si fidi,
poi stocchi.

Cattiva madre
cattiva maestra.
Sei gioco che non ha regole.

Dici che sono ribelle.
Dici che non mi piego.
Ma io non mi lamento.
E non ti prego.


schiaffo


Eisblume – Louise


E SEI FESTA

 
E sei festa!

Riposo per la mia testa,
petto su cui poggiare
senza pensare

mare per veleggiare
sì,
tu sei festa!

Vortice,
ebbrezza di vino,
tratto di strada sul mio cammino.

Ombra sul muro,
non hai passato e non hai futuro.

Ombra che danza
cielo alla stanza
ritmo che pulsa

musica che non s’arresta:

tu sei la mia festa.

 

festa
 


 
Beth Hart – Bang bang boom boom

SURFISTI

 
Quante bocche!
piene di terre che mai son mutate!

quante cattedre e comparsate,
prime donne coi baffi
sanno scegliersi il faro più grande.

Il surfista cavalca l’onda
e non affonda,
il giocare di cresta.

Lottano per essere visti,
pubblico rotante, turnisti
plaudenti l’un l’altro
… surfisti.

Ma gli artisti
non hanno
velluto,
non sanno fare i surfisti.

Unica tavola è l’ultimo letto,
tavola dura,
mai bagnata di spuma.

Vivono e muoiono quasi sempre così
gli artisti.
Condannati
ad avere surfisti
che li cavalcano

senza averli mai visti.
 

surf

 


SEELE ERZÄHLT DIE KÖRPER

Mai mi curai di te.

Ti disprezzai perché eri debole,
di nero sempre t’ho vestito,
crudele che fui.

T’ho usato come bestia,
fonte di guai, miseria ed appendice
utile solo ad essere visibile.

E fino a che nessuno seppe prenderti,
trascenderti
fu mio proprio dovere.

E il tuo fu d’ubbidirmi.

Meritato riposo a te, ora,
prima di quello eterno.
Meritata la luce che ti copre
la pelle bianchissima di luna
e le tue forme morbide.

Oggi
t’ho perdonato
e t’ho ripreso.

Tu, ribelle,
che aspettavi
come il mare le navi
solo chi avesse le tue chiavi.

madonnina


madonnina