FOXY LADY

 
Donna Scura,
occhi di spada che vuoi da me,
che ritorni e ancora ritorni
in altre vesti in altre forme
ogni volta ritorni?

Grande ladra
volpe travestita da piccola coniglia
non ti stanchi mai
di invidiarmi?

Sventagli davanti a me i tuoi orribili gomiti,
ma le cose che ho io non puoi comprartele
perché non si vendono, Donna Scura,
le cose che ho io hanno il loro sistema
e non girano nel tuo.
Fila, Foxy Lady,
sulla tua passerella coi tuoi bei vestiti
esponiti accavalla le gambe truccate
e oscillando sul tuo tacco quindici
mettiti in mostra come una torta
nella Grande Vetrina!
Un Jimi ci sarà
a darti la lezione che ti serve.

Se quello che ho io
e che tu vuoi
non ti si sbriciola tra le mani
non appena, me voltata, l’afferri avidamente,
sai che ti dico?

puoi tenertelo:
non era mica mio.
 

foxy

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NELLA GABBIA

 
Quando uscirò da questa gabbia
sbattuta fuori di prigione
dovrò coprirmi gli occhi.

A tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo.

Pure al buio di giorni regalati alla Perfida
passati con la testa sciocca tra le mani.

Ebbi una sola luce di sole accesa
che nel mio buio fu
forza e calore.

A volte infilo la testa tra le sbarre.
Ma dimentico di aprire gli occhi.

 

case_progetto_laquila


Genesis – In the cage

STRACCIAVESTI

 
Chi si concede lacrime
ha di che godere dal piangere.

Pance facili, dita leste da ficcare
nella gola dei facili lettori.

Quanto meglio la rabbia.
Quanto più sano il silenzio.

Le lacrime non vanno da fuori a dentro,
da dentro a fuori vanno le lacrime.

Tenetevi i vostri libri bagnati,
perché non ha lacrime la compassione.

Nelle cose si trovano le lacrime.

Siano le lacrime delle cose.

 

stracciavesti

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Buddy Guy – 74 years young

HAIR

 
Neri li vedo, ogni tanto, i tuoi capelli.

E vedo te ragazzo.

Ma non li cambierei con questi tuoi.
Non ti vorrei com’eri allora, giovane e feroce.

Amo di te
gli anni che hai passato
e la pazienza che li ha resi argento.

Restano indomiti, come il cuore tuo.

Come lui generosi,
quando

su di me

piovono felici.

 

 


nina simone – black is the color

LA MELA SELVATICA

Mela di nessuno,
mela di paradiso, mela delle Esperidi,
buona come non t’immagini,
mela
mela col suo vero nome
che vera quando è vera,
mela che non è in vetrina
né sfera perfetta
insipida avvolta nella plastica
no,
mela vera, mela che non finge,
mela col baco, bucata, di testa toccata,
mela che solo la mano capace

sfida
s’arrampica
sale alto sui rami.

E la coglie.

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LA FURIA DEI POETI

 
Non disperarti amico,
la furia passerà
– sta spazzando il deserto ora.
Tu lasciala fare,
– sta alzando un turbine di sabbia.

Guardati dalla furia dei poeti
sono sempre esagerati,
non sanno di filosofia, non sono guru
o seguaci di santoni.

Amano le notti dell’estate,
un noce per danzarci sotto
con l’unica luce della luna
riflessa dentro al pozzo
– poca, per non far vedere gli occhi
una luce animale, buona solo per i poeti.

Del sole dovevi innamorarti, filosofo
non della luna.

Le creature della notte
si amano tra di loro
e non ci sono per nessuno.

 

ciclone

Cohen – Closing Time

FATTI UNA VITA…

 
La gente che non ha una vita sua
– la vita difficile dell’Essere, dico,
non quella semplice del fare –
vive affacciata a guardare la vita degli altri.

Pure se è piena di sfighe
loro la guardano!
Perché lei è lì, sfacciata, si muove!
Respira
ed è se stessa.

I suoi accidenti, le mille avventure impreviste
non toccano l’Essere,
ma il semplice fare.

E la guardano male:
ogni cosa è migliore del nulla!

Il fatto li intriga.

E t’invidiano pure la sfiga.
 
 

fatti-una-vita
 


J J Cale Lady Luck

C’ERAVATE

Pubblico qui questo testo nato nel Natale 2004.
Era dedicato a tutti quelli che “c’erano”.
Che poi sono gli stessi che ci sono.
E gli stessi che ci saranno.
La capacità di “esser-ci” è, per me,
ciò che ci permette di riconoscerci e di sceglierci.

Lo regalo a Chiara-Chicca Santucci, con i miei auguri più cari.
A lei, e al suo bimbo appena nato

Bibi c’era.
Usciva e rientrava e portava poi agli altri tutto quello che aveva raccolto
il polline, il caldo, un po’ d’acqua piovana.
Un giorno mi vide col vestito da sposa, lui e gli altri, rondine inquieta, foste voi, quasi, i miei soli invitati.
Chicca era trecce e foulard sui capelli di grano e dolore negli occhi
poi gioia e profumo di verde.

Il mio bimbo lallava le prime parole,
Chicca c’era,
costruiva pupazzi e disegni lei – già – sapeva impastare i colori dei prati
al cemento e al bitume di grandi città.
E Stefano, il Tarta, lui c’era,
e scioglieva la neve passandoci sopra da stella cometa
e aveva negli occhi il colore del mare e la costa Smeralda.

Il mio bimbo correva gattoni e lallava e correva e lallava e mai riposava…
C’eravate, a prendermi in braccio al mattino
se avevo negli occhi la febbre del sonno
e la veglia di madre.
E io c’ero al mattino a prendervi in braccio  se vedevo negli occhi un amore affogato
o un amico, o le centocinquanta equazioni da fare.
Giorni in discesa
al mattino gli sguardi ci univano taciti tutti…

C’eravate pure quel giorno,
e un pugno di terra era il vostro
in quel giorno di pioggia che ho  sepolto mio padre.
E di resina, voi, ad avvolgermi la corteccia ferita
tagliata dal tronco dell’unica quercia.

Lo sapete,
ogni anno mi affidano occhi pieni di sogni.
Come voi mi accompagnano, mi perdonano sempre, quando non capisco.
Ma poi i ragazzi crescono. E i ragazzi, si sa, con gli anni…

…restano.

Succede che poi li rivedi a Natale
con le voci profonde davanti a un thé al gelsomino
guardare la neve che cade di dietro le bifore di Piazza del Duomo
e non sono cambiati
e c’è forza
e c’è tanto di quello che hai detto.
Vorresti ora chiedere scusa, e dire che no, non era poi così vero
che i libri non hanno ragione,
di sentire prima la Vita…

Ma Bibi sorride,
ogni gesto che vede è un racconto che cura chi legge,
Chicca beve Milano come  aroma di fiori,
e Tarta, lui, si ricorda quei muri riempiti di notte con l’arcobaleno.
Ha le ali nei piedi anche se non scia più.

 

1990
Dicembre 2004


DODICI ANNI FA PAVESE

Dodici anni fa, quando ancora la parola “multimediale” non stava sul vocabolario della lingua italiana, realizzai una presentazione animata in PPT per un corso di aggiornamento professionale sulle Tecnologie per la Comunicazione.  Era una “poesia multimediale” da Pavese.

La amo ancora come il primo giorno.
Ha il sapore di un film in bianco e nero, un sapore antico. Dodici anni, per la tecnologia, sono un’era geologica. E le ho passate tutte, le ere geologiche della mia vita professionale, a studiare, a non invecchiare, sempre divertendomi, sempre giocandoci con leggerezza.

Dicevano e  dicono: “chi te lo fa fa’”.
Dicevo e dico: “io, me lo faccio fa’”.

Non condivido quella demenza:
e finché c’è gusto, non c’è perdenza.


pavesePPT

A’ REBOURS

Ogni volta che m’hanno dato qualcosa “per punizione”
quel qualcosa m’ha dato grande soddisfazione.

Ciò che sdegnosamente avete scartato
per me testata d’angolo è diventato.

Grazie alla vita
che m’ha regalato
tutto quello che voi
avete scartato…

 

testata_d_angolo


Velvet Underground – that’s the story of my life

PASSIONE

 
A chi non ha passione
la vita non piange e non ride.

Se la campano addosso senza errori
e senza sfide.

E chiamano prudenza
quella che per me è una deficienza.

Niente vento, sabbia,
pioggia, angoli bui.

Amano tanto guardare
il riso e il pianto altrui.

 

libro vuoto
 


J.J. Cale – Passion

CALYPSO

 
La prima cosa che sa fare Calypso è essere invisibile.
Se hai giusti occhi riesci a vederla lo stesso.

La seconda cosa che sa fare Calypso
è lasciarti partire:
ti bacia, ti dona un viatico, ti benedice,
poi spinge la prua della tua barca.

Solo se la cerchi, puoi trovarla.
Non si può imprigionare il vento.
Lo capisce solo il vento.
 

wh
 


Sinead O’Connor – Feel So Different

COME FERNANDO

Non sto pensando a niente,
e questa cosa centrale, che a sua volta non è niente,
mi è gradita come l’aria notturna,
fresca in confronto all’estate calda del giorno.
Che bello, non sto pensando a niente!
Non pensare a niente
è avere l’anima propria e intera.
Non pensare a niente
è vivere intimamente
il flusso e riflusso della vita…
Non sto pensando a niente.
E’ come se mi fossi appoggiato male.
Un dolore nella schiena o sul fianco,
un sapore amaro nella bocca della mia anima:
perché, in fin dei conti,
non sto pensando a niente,
ma proprio a niente,
a niente…

F. Pessoa, “Non sto pensando a niente”

 

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The Smiths – Stop Me If You Think You’ve Heard This One Before

RITORNO AL SOCIAL

Dopo un mesetto di volontario esilio, penso di riuscire a ripristinare il mio account di Facebook, dormiente dal giorno in cui l’ho disattivato.
Mi sono chiesta che cosa mi manca di Facebook, e se sia proprio necessario tornare nel social.
E ho risposto che mi manca la leggerezza. Le risate, gli scherzi degli amici, qualche immagine, qualche bella bacheca. Ma soprattutto mi manca la musica da scambiare. Mi manca di saccheggiare la bacheca di chi ne sa più di me, e così ritrovarmi su note che mi piacciono e mi fanno stare bene.

Ogni tanto bisogna staccare, è una buona regola e una buona esperienza, la consiglio.

Quello che di più bello insegno ogni giorno ai piccoli, secondo me, è che non è importante scegliere, ma ri-scegliere.
Si ri-sceglie sempre, ogni giorno, perché mai nessuna scelta è scontata, mai nessuna è definitiva. E quando si ri-sceglie la stessa cosa è ogni volta, secondo me, un piccolo miracolo.

… Almeno fino al prossimo fischio di treno.

PS: Grazie a… a chi sa.

 

face

Dylan-Lonesome Whistle Blues

FORBICI

 
Taglio pezzi di cose, facce, fatti, roba mia.

Taglio per non soffrire,
taglio per non provare nostalgia.

Credo e m’illudo di lasciare l’essenziale
e invece tolgo ossigeno che serve a respirare.

Forse qualcuno mi insegnerà a tagliare
per dare giusta forma,
invece che per eliminare?

 

forb
 

Edward mani di forbice

NON E’ IL GENERE, E’ LA SPECIE

 
Dice l’uomo alla donna: “Sei speciale”
ma poi la tratta uguale.

Dice la donna all’uomo: “Sei uguale”
e invece poi per lei lui è sempre speciale.

Parole vuote, stupide retoriche,
cliché triti e ritriti,
sublimazioni comiche.

Bisogna essere veri,
andare un po’ d’istinto, come fanno i cani.

Fidarsi sempre e solo del naso
e delle mani.

 

nasone
 

Led Zeppelin – Earl’s Court (1975) – “Bron-Yr-Aur Stomp”

IO BLOGGER

 
Non impongo mai la mia presenza.
Mi basto.
Parlo, scrivo, sento musica, faccio senza.
Di essere “la più recente” non me ne frega niente.
Essere “la più popolare” mi fa proprio vomitare.
Se ami i miei pensieri, avvicinati, scendi,
e con la tua stessa mano te li prendi.

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STEPPENWOLF – THE PUSHER

DONNE LABIRINTICHE

&nbso;
Insomma smettetela di aspettare Teseo!
Concentratevi sul filo.
Nessun molle Teseo sarà capace di raggiungervi, oh cieche!
Nel vostro labirinto
soltanto un Minotauro forte e spietato,
vero ed affamato
vi libererà dai diverticoli dei cunicoli.

C’è solo lui capace,
seguite quello, di filo.

Scoprite
tra lui e Teseo
chi dei due
sia
veramente il mostro.

L’animale…

 

minotauro
 

Battiato – L’animale

CAVERNICOLE CON LA CLAVA

 
Due che si appartengono si riconoscono.

Se ti tocca competere
per prenderti chi è come te,
competere fino a perdere la pace,
odiare l’ostacolo – dai retta,
lascia perdere,
non è come te.

Un troglodita con la clava
si trascina la preda nella sua caverna,
la sua donna combatte l’altra donna
per tenersi i suoi bicipiti.

Scegli solo
chi ti riconosce come suo.

Nessuno si conquista,
era tuo da prima,
da prima eri sua.

Lui ti vede e sa
che tu sei l’unica ragione.

Al punto da perderla.

 

cavern


Banco – 750.000 anni fa…

CRUDITE’ – (ou tremblement dans la tête)

 
Io sono una terremotata.
Non farti ingannare dal vestito rosso
dall’eloquio forbito
dal fatto che ho un blog:
io sono una terremotata.

La mia vita è terremotata
la mia testa è terremotata.

Le mie reazioni, sono terremotate.

L’autenticità che consente il nostro stato
non è apprezzabile da chi terremotato non è.

Essere terremotati
in termini di verità
significa vivere nell’ Essenziale.

Tu
preoccupati di un posto dove fare l’happy hour.
 

essenziale


Feel So Different Live 1990 – Sinead O’Connor

PREGHIERA PER L’ANNO NUOVO

Mi piacerebbe sedermi per terra,
voi tutti intorno, a gambe incrociate,
e io narrarvi storie, racconti, e favole incantate…
Io vi descriverei Giasone sulla nave,
e Aiace che impazzisce di dolore,
e come Dafne fugge Apollo e si fa pianta,
di come Astolfo, l’uomo pianta, ama la luna…
Di quando Dante sale al colle da Matelda,
di quando Eugenio dice “cigola la carrucola nel pozzo”.
Mi piacerebbe dirvi, un poco bisbigliando,
com’è che Zeno sposa la più brutta, ed è felice.
Vi porterei in un bosco, dopo, e vi farei
sentire l’umidore della terra, e vi farei
cercare corrispondenze tra le cose.
E lui, il più silenzioso, quello com’ero io nell’età sua,
quello coi pugni chiusi, e con le labbra strette,
direbbe all’improvviso “Eccolo! ecco il muschio sull’albero, ho trovato!”

E non avere premi né castighi,
avere solo i vostri piedi
da venerare
se avanzano, se frenano,
se corrono e se tremano.
Riuscire,
anche quest’anno,
concedimelo Dio
ti prego,
anche quest’anno,
mantieni a me
l’incanto
davanti
al loro
magnifico
stupore.

Buon anno scolastico, a me e a voi.

>center>

IRONICO BLUES

Eccoli qua.
Gli unici libri che restano
sono quelli che avevo abbandonati,
lasciati al macero, scartati.
Rimasero fieri e impettiti
arroganti per adempiere in pieno alla parola

che quello che abbandoni ti diventa necessario
quello che chiudi in gabbia poi lo perdi.

Lo perdi, ti muore tra le mani per averlo voluto,
per averlo voluto troppo.

 


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Mahavishnu Orchestra – Meeting Of The Spirits


MAGDALA

La casa è aperta,
non si deve rubare.
E l’unica porta sicura
è quella che puoi lasciare aperta.

Io regalo, non vendo
per l’invidia di chi da me ti allontana.

Hanno le ginocchia tumefatte per troppo pregare,
hanno pietre nelle mani.

Brutti, da volere tutto il mondo brutto come loro
freddi, da volere il mondo freddo come loro.

Rendo belli anche loro,
perché il mio tempio è aperto,
buttate a terra i vostri sassi…
 

Yvonne Elliman and Ted Neeley in the 1973 film Jesus Christ Superstar

Jesus Christ Superstar – Everything’s Alright


IL SEGRETO DELLE PASTARELLE

Anche questo scritto nasce da fatti realmente accaduti. Un po’ romanzati, ma è una storia che amo molto, e mi è piaciuto raccontarla.
_____________________
 
 

            Era una piccola pasticceria, situata su uno di quegli stradoni tristi e trafficati del dopo-sisma, buona posizione per accaparrarsi i clienti di passaggio che avevano dimenticato di portare a casa un dolce, o che dovevano inventarsi qualcosa per non arrivare con le mani in mano.
Bobo era l’unico impiegato della Premiata Pasticcera “Sorriso”, che prima del sisma aveva una bella bottega al centro storico, con le vetrine luccicanti, e che ora tirava in economia su tutto, sopra quello stradone, e tutto caricava sulle spalle dell’unico lavorante, proprio lui, Bobo, che apriva bottega alle cinque del mattino, e la chiudeva alle diciotto e trenta, dopo aver messo a lievitare le brioche per la colazione.
Bobo, per gli amici Jack, per via della sua impressionante somiglianza con Jack Nicholson, di quell’attore aveva l’aspetto, ma non lo sguardo vigoroso. Creatura mansueta lui era, mite come pochi, mite come un buon cristiano, mite come l’acqua governata di un rigagnolo, che serve ad abbeverare le bestie. Uomo scorbutico invece era Erminio, il titolare, di quelli grassi e sudaticci, che fanno tirare la cinghia alla povera gente, mentre loro la allentano sempre di più, intorno a una pancia sempre più grassa.

            La vita di Bobo si svolgeva nel retrobottega, tra planetarie e leccarde, fruste, sac-à-poche, zuccheri, farine e cartoni pieni di uova. Erminio, “Ju padrò”, faceva il gradasso davanti al banco, e diceva ai clienti di aver impastato lui, di notte. E Bobo era dietro, che schiumava tra il forno ed il frigo, d’estate e d’inverno, con orari da cani e mai una festa, specialmente nei giorni in cui è festa per tutti. Benedetto comunque, quel bel Diploma da Pasticcere! Gli aveva salvato la vita, dopo che la sua azienda era fallita mangiandosi tutto. Dopo il terremoto Bobo s’era ritrovato sotto padrone, e s’era presa la sua soma, dopo il tracollo, e la tirava, mansueto come un bue. Nessuno sapeva della sua bella laurea in Biotecnologie, ormai un pezzo di carta appeso al muro. Né lui lo diceva a nessuno. A che sarebbe servito? A farsi prendere in giro? Il signor quarantenne laureato, che faceva il ragazzo di bottega sotto padrò? Bobo si alzava alle quattro ogni mattina, tirava su dal letto il suo metro e novanta di statura, prendeva la sua divisa sempre pulita e stirata, e se ne andava a lavoro senza pensare, senza chiedere perché, anzi sapendolo, il perché: perché la vita va per conto suo, e non devi mettertici a discutere, devi portartela addosso, la vita, proprio come le scarpe, e camminare e camminare e camminare, finché  i tuoi piedi non ne prendono la forma e tu non ti ricordi neanche più com’erano veramente, i tuoi piedi, prima di quelle scarpe.

            Bobo, dal suo retrobottega, sentiva la voce dei clienti. Ju padrò invece trattava con loro guardandoli in faccia, si prendeva meriti e complimenti per la squisitezza dei dolci, e chiudeva la porta per non farsi sentire. Quando Bobo percepiva la voce di un cliente, lanciava uno sguardo alla porta, oltre i vetri, per vedergli la faccia. Aveva imparato tante cose sulla gente: quella laurea appesa al muro non gli aveva dato un lavoro, ma gli aveva affinato una sensibilità e un’intelligenza che erano un grande valore, per lui.

            Un giorno Bobo si accorse che quel rozzo di Erminio lucrava sui poveri. Sì, proprio così! Sapete com’è la storia che al bar offre sempre chi è più povero? Allo stesso modo i negozianti agevolano sempre i ricchi, invece dei poveri. Un venditore fa il prezzo più caro a chi mostra di avere pochi soldi, e fa un bello sconto a chi mostra di averne tanti. Mah! Misteri, per il gigante buono di nome Jack. Un vecchietto che veniva a comprare i bignè, per esempio, e si tirava sempre da un lato quando in negozio c’era gente, doveva aspettare che Erminio, Ju padrò, sistemasse prima tutti gli altri. E il poveretto era così umile e timido che non reclamava, aspettava, aspettava senza parlare. E capitava che i bignè finivano. Quando Bobo lo vedeva, dal retrobottega, si affannava a prepararne altri, e quando Ermino stava per dire con dispetto che i bignè erano finiti… zac! Bobo arrivava con il braccio alzato come l’angelo vendicatore, ma al posto della spada aveva un bel vassoietto pieno di leccornie. Disappunto, sulla faccia di Erminio, disappunto e incredulità, perché riteneva Bobo troppo stupido per fare volontariamente una cosa del genere. Gioia, invece, negli occhi del vecchietto, che – era evidente – si concedeva solo ogni tanto quel piccolo lusso. Sorriso ghignante, infine, negli occhi di Bobo, che aveva la soddisfazione di aver fatto felice il pensionato, e fatto fesso Ju padrò.

            Erminio ordinava le paste ripiene e le torte quasi sempre all’ultimo momento, perché era tirchio, non voleva che avanzasse mai nulla: iI cliente entrava, ordinava, lui gli diceva di tornare dopo un’ora o mezz’ora, poi apriva la porta del retrobottega e senza neanche guardare gridava: “Una Saint’Honoré”… “Una meringata alla fragola!”… “Quindici tranci alla frutta!”. Se il cliente arrivava in chiusura, a Bobo toccava sforare l’orario.

            Un anno era, ormai, che Bobo era schiavo di quel negriero, e gli affari di Erminio andavano a gonfie vele. Ma ultimamente Ju padrò non riusciva a spiegarsi come mai la clientela s’era andata livellando verso il basso: poveri, pensionati, extracomunitari, ragazzini. “Che tempi! Che roba! Che devo vedere!” sbraitava. “Siamo invasi da poveracci! Questo terremoto ci ha messo in mezzo a una strada! Dove sono più quei bei signori di una volta? Li vedevi la domenica dopo la messa, eleganti, col cappello e la pelliccia, quando avevamo la bottega in Piazza! Che soddisfazione fare quei pacchettini col filo dorato ben fermo col doppio nodo, dove loro infilavano il dito! Ora questi poveracci qui fanno sprecare più vassoi che paste!”. Bestemmiava, Erminio, contro i tempi e la malasorte, e se la prendeva col terremoto.
Rideva invece sotto i baffi, di là, Bobo, il “ragazzo” di bottega. Perché era colpa sua se i dolci diventavano speciali, più buoni, più pieni, più freschi sì, ma solo per i poveri. Una laurea in biotecnologie serve pure a qualcosa: chi mai distingue il sapore delle polveri? “Uovo e polvere d’uovo sono lo stesso!” gli gridava sempre Erminio. Ma Bobo sapeva che uovo e polvere d’uovo non sono per niente lo stesso, perciò faceva i suoi bei distinguo, nel retrobottega. I ricchi non si lamentavano, perché le paste erano buone ugualmente, ma i poveri godevano di paste ben più squisite! E quando arrivava Maria, la sarta del quartiere, una bella vedova, Bobo ci metteva del suo, e rendeva le paste davvero magnifiche, dentro, e le torte farcite come non mai. Aveva sempre cura, però, di farle un po’ più bruttine a vedersi, per non insospettire Ju padrò: e gli piaceva da morire quando Erminio si affacciava soddisfatto nel retrobottega e gli diceva con l’aria di chi ti coglie in castagna: ”Certo che quella Bresciana per Maria l’hai fatta proprio da schifo eheheheheheh”. “Eccerto che l’ho fatta da schifo” pensava Bobo ridacchiando col cuore “ma vedrai quando se la mette in bocca…”. E infatti i suoi poveri (così li chiamava Bobo) quando entravano a bottega avevano gli occhi che luccicavano di gioia. I ricchi no, loro erano sempre impassibili e uguali, sempre comunque annoiati. Per loro, una pastarella è solo una pastarella! E lui, tiè, a loro gli metteva le polveri. Tanto, al ricco che gli cambia? Ma al povero sì, oh, al povero una pastarella gli cambia la giornata, e forse gli cambia anche la vita! E Bobo, nel suo retrobottega, si sentiva come il braccio di una brava bilancia.

Mai nessuno ha scoperto il suo segreto, Bobo se lo porta a casa ridacchiando tutti i giorni.
E quando Erminio lo costringe a fare orari da Cayenna, lui è lì che pensa a Maria, la vedova col vestito rosso, pensa al momento in cui lei aprirà il suo pacchetto di pastarelle, a casa, e farà festa, facendo mmmmhhhhh mentre mangia, come fanno i poveri.

            E voi che mangiate le pastarelle, pensateci, se siete ricchi. Se c’è Bobo nel retrobottega, sappiate che quelle pastarelle sono fatte con le polveri. Ma se siete poveri…. ah! allora gusterete uova e zuccheri pregiati, dolci al sapore di marzapane, e impasti con zenzero e cannella. Bobo è lì dietro, che sogna mentre cucina, sogna il momento in cui Maria, la bella vedova, gli lancerà uno sguardo ammiccante dai vetri. Uno sguardo che dice: “Io ho capito!”

 

pastarelle


Jimi Hendrix- Mellow Jam


Divertissement mais pas trop

“Bussa piangendo alla porta, la Mancanza
triste e affamata sorella dell’Assenza.

Le va ad aprire in fretta Confusione,
brancola cieca e dice: “E’ solo tua questa passione?”

Subentra allora Odiosa, preoccupata
di scrivere una fine alla puntata.

Dice: “Sì, è solo sua, suvvia!
insistere sarebbe una follia!”

A stringere, alla fine, è lui, Orgoglio:
sentenzia a mezza bocca: ”Chi non mi vuole, io non lo voglio”.

Mancanza Assenza Confusione Orgoglio…

Parole ignote a voi, sepolcri bianchi.
Dio vi maledirà, quando vi avrà davanti.




Muddy Waters – Long Distance Call